Spontini fa centocinquanta

Il grande compositore marchigiano ricordato nella sua terra con un festival

Recensione
classica
Festival Pergolesi Spontini Jesi
Gaspare Spontini
30 Agosto 2001
Nessuno si era ancora ricordato che, oltre agli anniversari di Verdi, Bellini e Cimarosa, nel 2001 cade anche il centocinquantesimo anno dalla morte di Spontini: a rinfrescarci la memoria ha provveduto ora il primo Pergolesi Spontini Festival. Non c'erano i mezzi per allestire qualche tragédie-lyrique o qualche grosse Oper, cui era legata l'enorme fama europa del compositore marchigiano, ma la scelta di Julie ou le pot de fleurs e di Milton - due opéras-comiques in un atto, in prima esecuzione italiana nella versione originale - non era comunque un ripiego privo d'interesse, perché faceva scoprire uno Spontini semisconosciuto, lontanissimo dalla pomposità e dall'ipertrofia che sono i suoi attributi più noti. Si è ascoltato infatti uno Spontini giovane, appena sbarcato a Parigi, quando aveva ancora la scapestrata vivacità e le venature malinconiche imparate a Napoli ma cominciava già a prendere le eleganti maniere parigine, soprattutto in materia d'orchestrazione. Eppure anche in pezzi musicali della durata di pochi minuti ognuno fanno capolino la tendenza alla prolissità di Spontini e il suo lento ritmo teatrale (certamente non è stato aiutato dai librettisti, non solo logorroici ma anche banali). Per operine così esili un regista genialoide come Giorgio Barberio Corsetti non solo è un lusso esagerato ma potrebbe anche rivelarsi un rischio fatale: invece con grande senso della misura si è limitato a raccontare quel poco d'azione che c'è senza bizzarrie o stravolgimenti (aver trasportato Julie al 1930 non è cosa che possa turbare nessuno) e ad insegnare ai giovanissimi e inesperti cantanti una recitazione scorrevole e naturale, con qualche leggera sottolineatura ironica. Costretto a montare uno spettacolo su una pedana profonda sì e no tre metri, senza scene e senza nemmeno una quinta o una porta per sfruttare il gioco delle continue entrate e uscite dei vari personaggi, il regista ha cercato di trarre partito almeno dalla facciata di villa Pianetti, che faceva da fondale, proiettandovi dei filmati realizzati da Fabio Jaquone, che risultavano talvolta piacevoli (quand'erano ironici) e talvolta imbarazzanti (quando tendevano al sentimentale: quelle espressioni imbambolate dei cantanti!). L'avvicinarsi d'un temporale e la fuga generale sotto la pioggia hanno messo un pizzico di suspence in una serata che poteva risultare fin troppo placida. Poi è tornato il sereno e lo spettacolo si è concluso con un bel successo. Ora, scampato il pericolo, è lecito chiedersi se non sarebbe stato meglio scegliere uno dei tanti teatri d'epoca delle Marche piuttosto che un improvvisato palcoscenico all'aperto, col rischio della pioggia e la certezza di condizioni acustiche difficili per cantanti e strumentisti. Infatti gli strumenti perdevano in continuazione l'accordatura a causa dell'umidità, tanto che l'ottima Accademia Bizantina (diretta con puntiglio ma anche con qualche rigidità da Ottavio Dantone) questa volta stonacchiava fastidiosamente. Tra i giovani cantanti di Eurobottega, tutti ben preparati da Regina Resnik, si segnalavano particolarmente Fréderique Friess per la grazia maliziosa e Till Fechner per la sottile ironia (in Julie) e l'autorevolezza (in Milton).

Note: Nella stessa sera sarà rappresentato anche "Milton" (fait historique, in 1 atto), di Gaspare Spontini. Nuovo allestimento in coproduzione con Opéra di Rennes

Interpreti: Muttel, Friess, Defontaine, Heyte, Fechner

Regia: Giorgio Barberio-Corsetti

Scene: Giorgio Barberio Corsetti e Christian Taraborrelli

Costumi: Christian Taraborrelli

Orchestra: Accademia Bizantina

Direttore: Ottavio Dantone

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