Sinfonismo italiano

Chailly alla Scala con Cherubini e Verdi

Recensione
classica
Primo concerto di Riccardo Chailly in veste di direttore principale della Scala per la stagione sinfonica del teatro. Il programma ha un po' stupito, non tanto per l'etichetta di italianità legata al progetto del maestro di favorire in futuro il repertorio nostrano (impresa non facile per la sinfonica), quanto per la scelta e l'accostamento dei brani. La prima parte, interamente dedicata al Cherubini sinfonico, l'ha aperta l'Ouverture da concerto in sol maggiore, l'ascolto più convincente della serata perché si tratta di una partitutra che sprigiona una carica drammaturgica potenziale di grande fascino, quasi fosse il sogno di un palcoscenico. La Sinfonia in re maggiore (destinata a venir trasformata in un quartetto, escluso il secondo tempo) non ha riservato molte sorprese perché nonostante l'eleganza risulta ingessata nelle forme del sinfonismo viennese. È curioso che la commissione a Cherubini della London Philarmonic Society sia avvenuta nel 1815, anno di Waterloo e del Congresso di Vienna, uno spartiacque nella storia della cultura europea, come se il compositore non ne fosse stato sfiorato.

La seconda parte del concerto è stata invece tutta verdiana e sanguigna: i Ballabili dei "Vespri Siciliani", dedicati alle quattro stagioni, e l'ouverture dell'opera. Quest'ultima d'impatto assolutamente superiore, tanto da far immaginare che Chailly abbia in mente d'inserire questo titolo in una futura stagione scaligera. Fatto salvo il trovare un cast adeguato. Comunque la serata ha dimostrato che l'orchestra della Scala è in ottima salute e potrà solo migliorare per la presenza costante del direttore.

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