Sembra un film ma è un film

diario del 27 luglio

Recensione
jazz
I graniti della Valle della Luna a Santa Teresa di Gallura sembrano sculture di Costantino Nivola o di Henry Moore. A Cala Grande alle cinque del pomeriggio piove che Dio la manda ma l’occasione di fare un concerto in quel luogo è unica come il luogo stesso e preghiamo che smetta. Parcheggiamo all’interno poco prima del faro di Capo Testa e ci incamminiamo a piedi scendendo verso la spiaggia su una mulattiera sassosa e bagnata. I 12 ragazzi dell’Ufficio del Turismo portano in spalle batterie al gel per alimentare l’impianto del suono, casse, microfoni ed effetti che piazziamo sul bagnasciuga. Alle 18 smette di piovere e le nubi si alzano lasciando spazio al cielo. Se quel luogo non fosse così infinito quelle due casse acustiche poste ai lati della spiaggia sembrerebbero fuori luogo ma l’immensità e la bellezza dello spazio le annulla totalmente e quando metto in sottofondo le Variazioni Goldberg di Bach l’impressione è di una fusione totale, tra l’interferenza tecnologica e il mare che ci ospita. La gente inizia a scendere in fila indiana e il colore delle felpe, dei giubbotti e degli ombrelli si confonde con il grigio del granito e il verde dei ginepri. Alle 19.30 il cielo è terso e Giorgio Rossi danza a pieni nudi sulla sabbia che è fine come quella magia. Dopo 46 giorni di tour “!50” riserva ancora sorprese ed emozioni da condividere. Giorgio parte senza neanche riscaldarsi e so cosa significa per un ballerino fare questo e danzare a piedi nudi sulla sabbia di una spiaggia. Parte e poi si butta in acqua e la danza diventa liquida. Sparisce davanti al sole che tramonta e riappare. Gioca con la sabbia, con me e con il pubblico. A un certo punto al largo passa uno Yacht apparentemente trasportato da un elicottero che vola in retromarcia. Sembra un film e scopriamo poi che stanno girando un film ma la gente pensa che sia voluto e che faccia parte dello spettacolo. Come quando passa non lontano dalla riva una barca rossa e Giorgio li invita a venire verso di noi. Lo spettacolo nello spettacolo perché il suo è un teatro-danza che fa piangere e ridere e il suo rapporto con il corpo è totale ed è in grado di far dialogare ogni muscolo e ogni gesto diventa poesia. Sopra di noi gli hippies della comunità che nella Valle della Luna vi abitano. Stanno lì curiosi a guardare e a sentire e non sembrano affatto irritati dalla presenza di oltre duemila persone. Vorrei vedere voi a ritrovarvi d’improvviso a casa duemila persone che arrivano in fila indiana con felpe, giubbotti e ombrelli colorati. Perché loro ci abitano da sempre e hanno costruito un forno per fare il pane e hanno anche un Sindaco della Valle della Luna che non è il Sindaco di Santa Teresa che invece si chiama Stefano Pisciottu e che assiste come tutti allo spettacolo seduto per terra in prima fila. Il concerto deve necessariamente concludersi alle 20.30. Perché le due batterie al gel che alimentano l’impianto del suono non possono fare di più e perché il rischio è che il buio della notte colga gli spettatori che devono guadagnare la strada principale. Alle 08.25 il sole si spegne sul mare con uno spettacolo mozzafiato che sembra ordinato il giorno prima. Si spegne con Giorgio Rossi nudo e immobile che guarda l’orizzonte e ancora una volta con “Passavamo sulla Terra leggeri” di Atzeni con la voce di Lella Costa rotta dall’emozione. Non so perché ho avuto l’idea improvvisa di lanciare con il computer Atzeni ma penso che fosse l’unica cosa da fare. L’impressione è che quelle siano le uniche parole in grado di raccontare l’immensità di quel luogo e forse sono le uniche parole in grado di raccontare l’immensità della Sardegna. Quando vado via uno degli hippies con due bei cani gli giocano intorno mi fa un cenno con il pollice alzato. “Ritorna” mi dice “che già era bello”. Andiamo via che è già buio e le pietre della salita sembrano ora facili da affrontare. Se la musica lievita il mondo si fa luna.

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