Se Hermeto sembra più giovane di Galliano

Al Venezia Jazz Festival l'abbinamento fra il Grupo di Hermeto Pascoal e Richard Galliano

Richard Galliano + Hermeto Pascoal
Recensione
jazz
Teatro La Fenice, Venezia
Richard Galliano + Hermeto Pascoal
13 Luglio 2022

In una lunga serata al Teatro la Fenice di Venezia, il Venezia Jazz Festival ha proposto l’abbinata tra Richard Galliano e il Grupo di Hermeto Pascoal. Musicisti di area e estrazione differente, ma accomunati da una riconosciuta immediatezza e dall’attenzione ai materiali folklorici.

Nella prima parte il fisarmonicista francese si è esibito in solo, raggiunto per qualche brano da Gabriele Mirabassi, guest  di entrambe le metà della serata. Se il pubblico ha dimostrato, con ampie ovazioni, di apprezzare moltissimo il recital, a me ha fatto un’impressione davvero poco positiva. Lo spettacolo di Galliano sembra immutato nel tempo, non solo per il solito mix di virtuosismo in salsa valse musette e tango, quanto per l’impressione che non emerga più un elemento di rischio, di esplorazione.

Un po’ come accade con un cognato ciarliero, che diventa l’idolo della cena per coloro che lo conoscono per la prima volta, mentre a voi che l’avete sentito raccontare sempre quelle barzellette e quegli episodi, sempre in quell’ordine, sempre con gli stessi espedienti narrativi viene rapidamente a noia. 

Un problema tuo, direte voi! Volendo anche sì, ma siccome siamo in un ambito di musica che si presume “creativa” e in grado di rinnovarsi – non necessariamente solo nel repertorio – mi sembra che non sia forse inutile, al netto della bravura di Galliano che certo non si scopre adesso, ricordarlo.

Anche perché il confronto con la seconda parte della serata offre da un lato delle similitudini, dall’altro uno scarto che val la pena di segnalare.

Anche qui gli elementi base sono “dichiarati”: abbiamo un musicista 86enne, che se già da giovane non ci vedeva bene (“o albino Hermeto não enxerga mesmo muito bem” cantava Caetano Veloso in “Estrangeiro”) ci vede ancora meno, ma che non rinuncia a riproporsi come sacerdote di un rito festoso in cui le radici folkloriche brasiliane esplodono in un tripudio psichedelico di ritmo e timbri.

Accompagnato dal proprio Grupo, Hermeto porta subito la temperatura della serata a temperatura di ebollizione, nonostante l’imperfetto bilanciamento dei suoni (essenziale sempre, a maggior ragione per una musica densissima come questa) penalizzi la prima parte dell’esibizione: percussioni a rotta di collo, lunghe ghirlande di assoli – specialmente del formidabile sassofonista Jota P Barbosa e dell’altro tastierista André Marques – il basso del fidato Itiberê Zwarg, i temi si rincorrono senza tregua, con Pascoal che si ritaglia sapienti momenti alla tastiera, giocando felicemente con il pitch band come un adolescente alla scoperta dello strumento.

Il concerto cresce, si stratifica e diversifica, sia con l’aggiunta di Mirabassi al clarinetto, sia per i teatrali interventi di Hermeto, che dirige il Grupo alzando o abbassando il tipico cappello e si produce nell’immancabile assolo di teiera! Il pubblico lo ricopre di affetto e lui ricambia, regalando a uno spettatore estratto a caso una coloratissima partitura originale scritta il pomeriggio in albergo. C’è spazio per un bis e per un altro bagno di applausi prima di vederlo uscire – accompagnato dal fido assistente – dietro le quinte.

Se Hermeto sembra più giovane di Galliano

Similitudini dicevamo: anche nel caso di Hermeto lo show è ampiamente “annunciato” e in qualche momento anche un po’ cincischiato (d’altronde con il musicista brasiliano è sempre stato un po’ così, è il suo “bello”), ma nella rincorsa senza requie dei temi e degli assoli mi è parso che la figura di Pascoal sia emersa progressivamente, un po’ come un’immagine che emerge in una camera oscura, giocosa e ancora piena di voglia di suonare. 

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