Se Barbara è Lulu

Bruxelles: successo per l'opera di Berg con Barbara Hannigan

Lulu (Foto Simon Van Rompay)
Lulu (Foto Simon Van Rompay)
Recensione
classica
Monnaie di Bruxelles
Lulu
02 Novembre 2021 - 14 Novembre 2021

E’ considerata una delle più riuscite produzioni di Krzysztof Warlikowski, prodotta dalla stessa Monnaie nel 2012, in cui ha brillato allora e brilla di nuovo oggi Barbara Hannigan, ma con l’interessante novità che sul podio a dirigere adesso c’è il maestro Alain Altinoglu che si è confermato essere un ispirato interprete non solo della musica d’area tedesca dell’Ottocento ma anche del Novecento. Con lui l’Orchestra della Monnaie si rivela capace di rendere con sottigliezza e profondità la complessa partitura di Alban Berg, così ricca di idee e dalla precisione matematica, rendendola materia viva, calda, ricca di energia, timbri, colori e sfumature, ma anche duri pugni nello stomaco con le sue marcate dissonanze. Un’esecuzione musicale di tale livello che un po’ fa dispiacere, perché distrae, l’abbondanza di idee della messa in scena che, come si sa, gioca su una Lulu cigno bianco e cigno nero, aggiungendo al già complicato libretto strati e strati di spunti di riflessione e suggestioni, con continui rimandi all’infanzia e ai suoi sogni spezzati.  Il soprano (e direttore d’orchestra) canadese Barbara Hannigan ha raccolto e vinto nuovamente la sfida d’interpretare, con la sua voce duttile e dalla notevole estensione che cambia di tono con la stessa facilità con cui cambia colore di capelli e vestiti, un personaggio allo stesso tempo il massimo della sensualità e dall’altra parte apparentemente senza cuore e senza scrupoli, peccatrice e al tempo stesso pura perché fedele a se stessa, sempre sia colpevole che innocente. Una voce a tratti come una lama, a tratti dolcissima, che si integra perfettamente con l’orchestra e rende l’esperienza di questa Lulu davvero tra quelle che segnano. Al suo fianco ben la supportano il baritono danese Bo Skovhus nella parte di un Dr Schön/Jack lo Squartatore in doppiopetto ma incapace di controllare le sue pulsioni; il giovane tenore britannico Toby Spence debutta nel ruolo del figlio di  Schön, Alwa, ben disegnandolo; il mezzo austriaco Natascha Petrinsky, già nell’edizione 2012, regala una contessa Geschwitz elegante e cerebrale ; bravi anche il  tenore tedesco Rainer Trost che è un toccante Pittore, qui per la verità fotografo, e il baritono-basso Martin Winkler che è un  incisivo Domatore e poi il cattivo Atleta; solo per citare alcuni della folta compagnia, tutta all’altezza dell’impresa. E di impresa si tratta, anche fisica, sopratutto per la Hannigan, voce e corpo al centro dell’intreccio dall’inizio alla fine, e che si deve esibire pure sulle punte. Lo spettacolo non ha perso la sua freschezza, la sua forza d’impatto, le scene ed i costumi di Małgorzata Szczęśniak potrebbero essere stati disegnati ieri e non danno ancora l’impressione del già visto o superato, molto belli anche i video di Denis Guéguin che sottolineano le emozioni con efficaci primi piani, sopratutto quelli in bianco e nero tra tanto colore. Le quasi quattro ore di spettacolo, compresi i due intervalli, volano veloci e viene anche voglia di tornare per potere apprezzare altri dettagli di una proposta sonora e visuale così ricca.

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