A scuola da Muti

La seconda edizione della Riccardo Muti Italian Opera Academy

Recensione
classica
L’arte dell’interpretazione, della ri-creazione di un testo musicale custodito tra le pagine di una partitura è forse una delle sfide artistiche più affascinanti e, soprattutto, rischiose. Le trappole sono lì, pronte a scattare a danno di interpreti che cedono alla tentazione di sovrapporre la propria personalità a quella del compositore, o a confondere prassi esecutive accreditate con incrostazioni interpretative che si sono stratificate grazie alla molle abitudine che alimenta un gusto segnato più dal gesto ginnico dell’acuto vocale che dalla consapevolezza per ciò che l’opera eseguita comunica e rappresenta nel suo complesso, al di là del singolo passaggio più o meno impegnativo.

In questo quadro la Riccardo Muti Italian Opera Academy rappresenta un’oasi preziosa (realizzata grazie all’importante contributo di un gruppo di partner privati: Barilla, Unipol Banca, UnipolSai Assicurazioni, C.M.C. Ravenna, Coop Alleanza 3.0, Itway, FBS e Mercedes Benz – De Stefani) dove il maestro mette a disposizione la sua esperienza di favore di giovani direttori, cantanti e maestri accompagnatori, condividendo la sua visione dell’opera – in particolare del repertorio verdiano – anche con un pubblico formato da uditori, appassionati e addetti ai lavori attraverso prove aperte nelle quali si possono scoprire i “ferri del mestiere” e come si utilizzano. Elementi fondamentali per comprendere quanto lavoro vi sia dietro un allestimento, una messa in scena operistica, o anche “solo” a una scelta interpretativa o di orchestrazione.

La seconda edizione dell’Italian Opera Academy si è svolta negli scorsi giorni, e si è conclusa il 5 agosto al Teatro Alighieri con il concerto di gala, con un programma composto da una selezione di brani tratti da La traviata – opera scelta per quest’anno – e che ha avuto come protagonisti i direttori d'orchestra, sul podio dell’Orchestra Cherubini, e i cantanti selezionati (nella commissione per il canto era presente quest’anno anche Renata Scotto), presentati al pubblico dallo stesso Muti, che qui ci piace citare: direttori d’orchestra: Yang Jiao(Cina, 30 anni), Alberto Maniaci (Palermo 29 anni), Dawid Runtz (Polonia, 24 anni), Giedre Slekyte(Lituania, 27 anni); maestri collaboratori: Mari Kumehara (Giappone, 29 anni), Fabio Maggio (Napoli, 24 anni), Michelangelo Rossi (Mantova, 25 anni), Stefano Teani (Lucca, 22 anni), Honglin Zong(Cina, 27 anni); cantanti selezionati: Violetta (soprano), Claudia Pavone e Venera Protazova (Russia), Flora/Annina (mezzosoprano), Mariangela Marini, Alfredo Germont (tenore), Ivan Defabiani, Gastone (tenore) Oreste Cosimo.

Seguendo la prova generale di lunedì scorso abbiamo potuto condividere la devozione che Muti manifesta nei confronti della musica di Verdi, segnalando errori e riprendendo i giovani artisti sulla dizione, sull’intonazione, sulle dinamiche e su tutte quelle sottigliezze che possono cambiare il segno e il senso di un’interpretazione. Il tutto con un’energia e un rigore che verrebbe da descrivere assieme sereni e determinatissimi, caratteri che appaiono ancora più significativi nella prospettiva dei suoi settantacinque anni compiuti pochi giorni fa, proprio nel pieno dei lavori dell’Accademia.

Per Muti l'accademia rappresenta la possibilità di trasmettere agli altri, alle nuove generazioni ciò che – sono le sue parole – «ho avuto la fortuna di apprendere dall'incontro con grandi cantanti, grandi direttori d'orchestra, grandi solisti. Ho avuto la fortuna da giovanissimo di vedere i massimi interpreti all'opera. I giovani di oggi non hanno avuto la fortuna che abbiamo avuto noi di conoscere la parte finale di un glorioso ».

Come si insegnano Verdi e l'Opera in Accademia? «Attraverso il pianoforte si spiega – sottolinea ancora Muti – cos'è l'interpretazione di un personaggio per poi portarla in orchestra: esattamente quella che dovrebbe essere la preparazione anche in un teatro di professionisti. Prima uno studio con la compagnia di canto condotto al pianoforte, poi tutto quello che viene stabilito dal punto di vista interpretativo viene riportato in orchestra, dove il giovane direttore dovrà curare l'insieme strumentale secondo un'idea interpretativa e una cura del fraseggio (o della frase musicale), del timbro, del significato da dare a ogni nota e ad ogni frase in modo che la musica e l'orchestra siano sempre al servizio della parola. Come diceva Verdi: "Ricordatevi di servire più il poeta del musicista". Spesso perdiamo tempo solamente ad ascoltare gli effetti vocali piuttosto che la sostanza musicale».

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