"Salome" al cabaret

Una "Salome" fenomenale, con la regia di Robert Carsen, che con la direzione brillante di Noseda ci propone nel finale una anticipazione di Berg e Weill

Recensione
classica
Teatro Regio Torino
Richard Strauss
28 Febbraio 2008
Nicola Beller Carbone è una Salome bella, sa recitare molto bene l'idea di lolita preparata per lei dal regista Robert Carsen, e quando deve danzare la danza terribile, il coreografo Philippe Giraudeau le fa fare poche falcate da vamp scatena feromoni, soprattutto le fa spalancare le gambe, e mostrare le belle cosce su tacchi alti di scarpissime dorate: questo climax di un regia ambientata dallo scenografo Radu Boruzescu nell'immenso ma claustrofobico smagliante caveau di un casinò (geniale che la cisterna del prestante Jochanaan di Mark Doss sia la super cassaforte!) inventa intorno al magistrale Erode di Peter Bronder (nanetto maniaco sessuale che riprende la danza clou con la videocamera che proietta sul video-wall dettagli sexy della sbavata figliastra) e alla pacchiana megera Erodiade di Dagmar Peckova un drappello di vecchiacci e osceni travestiti che trasforma il capolavoro fulminante di Richard Strauss in una fenomenale anticipazione dell'espressionismo cabarettistico di Kurt Weill o Alban Berg: è Gianandrea Noseda, molto brillante a guidare una molto buona Orchestra del Teatro Regio di Torino, ad aver scovato in partitura ogni corrispondenza con la visione intelligente di Carsen? Com'è e come non è, quando un capolavoro del repertorio te lo trovi scuoiato e palpitante come cosa contemporanea, si è di fronte a quanto di meglio si può chiedere al teatro d'opera oggi. Anche se il regista mette nudi alla danza sei laidi cortigiani, si permette infine di lasciare andar via in sottoveste nel deserto la impazzita Lolita sbaciucchiante il decapitato capo, fa ammazzare da Erode l'ex cognata madre della figliastra, pazienza, perché in fondo ci mette anche un po' di Pasolini e Eschilo.

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