Rigoletto e il suo doppio
Bel successo del tradizionale allestimento di Rigoletto proposto a Piacenza con la regia di Leo Nucci e la direzione di Francesco Ivan Ciampa
Un’atmosfera carica di aspettative ha accolto il folto pubblico presente l’altra sera al teatro comunale di Piacenza per il debutto di questo nuovo allestimento di Rigoletto, titolo che ha inaugurato la Stagione d’Opera 22/23 e realizzato in coproduzione da Fondazione Teatri di Piacenza e Fondazione Teatro Comunale di Ferrara.
La popolare opera verdiana ha preso forma grazie alla regia di Leo Nucci il quale ha disegnato una narrazione drammaturgica nel solco della tradizione grazie alle didascaliche scenografie di Carlo Centolavigna, ai costumi di Artemio Cabassi – ora variopinti ora cupi – e alle luci cuate da Michele Cremona. Un impianto che, nel suo carattere funzionale, ha rappresentato uno sfondo dal segno neutro sul quale si è potuto stagliare il lavoro sui personaggi, a partire dal protagonista.
In questo senso inevitabile è il confronto, anche solo sul piano ideale, con le tante incarnazioni del ruolo eponimo che hanno visto lo stesso Nucci impegnato nel corso della sua lunga carriera. Suggestioni che sono parse balenare – in una sorta di doppio rimando – in alcuni scorci di una gestualità eloquente ma mai sopra le righe attraverso la quale Amartuvshin Enkhbat ha tratteggiato il suo personaggio.
Ma dove è emersa a pieno la personalità del baritono di origini mongole è stata la cifra vocale, grazie alla quale Amartuvshin Enkhbat ha saputo restituire una solidità decisamente efficace al suo Rigoletto, attraversato negli accenti interpretativi da quello sdoppiamento – tra il ruolo pubblico di beffardo buffone deforme e quello privato di padre miseramente amorevole e disperatamente vendicativo – tanto presente nella scrittura verdiana tanto meritoria da registrare in maniera così misurata ed equilibrata.
Un protagonista affiancato con bella affinità vocale e interpretativa dalla Gilda di Federica Guida, capace di gestire la sua voce di soprano con solida consapevolezza e un gusto espressivamente pregnante, efficace nel tratteggiare il suo personaggio quale giovane donna innamorata ma consapevole, evitando sfumature stucchevolmente troppo infantili.
Nei panni del Duca di Mantova il tenore Marco Ciaponi ha profuso palese impegno non riuscendo però a mettere sempre a fuoco il carattere del suo personaggio, mentre il resto del cast vocale vedeva impegnati Mattia Denti (Sparafucile), Rossana Rinaldi (una adeguata Maddalena), Elena Borin (Giovanna), Christian Barone (Monterone), Stefano Marchisio (un efficace Marullo), Andrea Galli (Matteo Borsa), Juliusz Loranzi (Il Conte di Ceprano), Emanuela Sgarlata (La contessa di Ceprano), Agnes Sipos (un paggio) e Lorenzo Sivelli (un usciere).
Di segno robusto e trascinante la direzione di Francesco Ivan Ciampa, che ha guidato con passo sicuro e, nel complesso, coerente l’Orchestra Filarmonica Italiana e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza – ben preparato da Corrado Casati – mitigando alcune incertezze ritmiche tra buca e palcoscenico e valorizzando con gusto efficace sia i momenti più dinamicamente drammatici (“Cortigiani, vil razza dannata”), sia le oasi più delicatamente liriche (“V’ho ingannato! colpevole fui!”).
Pubblico palesemente soddisfatto e generoso di applausi soprattutto con Amartuvshin Enkhbat e Federica Guida – protagonisti alla “prima” anche del bis di “Sì, vendetta, tremenda vendetta” alla fine del secondo atto – oltre che con Leo Nucci e Francesco Ivan Ciampa.
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