Polifonie mutevoli a Villa Romana

Nella due giorni fiorentina di Music@Villaromana azzardati accostamenti stilistici caratterizzano la rassegna, curata da Francesco Dillon e Emanuele Torquati

Foto di Eva Sauer/music@villaromana
Foto di Eva Sauer/music@villaromana
Recensione
classica
Villa Romana, Firenze
Music@Villaromana
15 Giugno 2018 - 16 Giugno 2018

Ma che ci fanno Franz Listz e Robert Schumann nel programma della nona edizione di Music@Villaromana? Due irreprensibili romantici nel fortino della ricerca contemporanea. Forse il tema di quest’anno, Timeless Polyphonies, ci può aiutare. Polifonie senza tempo che evocano mondi sonori lontani, stilisticamente e temporalmente, ma con i quali facciamo sempre i conti, questa l’idea di fondo dei curatori della rassegna, il violoncellista Francesco Dillon e il pianista Emanuele Torquati. Si potrebbe dire che la loro creatura, in ogni edizione, rispecchia in qualche modo il loro essere interpreti, curiosi e aperti verso i nuovi linguaggi ma con una profonda cultura classica dalla quale attingere suggestioni e assonanze. Con questa rischiosa logica programmatica la rassegna fiorentina si conferma un appuntamento sempre stimolante.

È il compositore austriaco Thomas Larcher, presente per la prima volta in Italia sia come compositore sia come esecutore, a richiedere l’accostamento delle sue opere ai lavori dell’ultimo Liszt. La Lugubre Gondola per violoncello e pianoforte precede il suo Mumien del 2001. L’andamento lirico, i colori scuri della tastiera, la passionalità del violoncello, l’ambientazione onirica e sospesa del dialogo ci danno la misura di un Listz insospettabilmente moderno e introspettivo. Un ponte verso il Novecento che la pregevole esecuzione di Torquati e Dillon esalta. 

Mumien apre con un pianoforte legnoso e percussivo. Lo affianca il sibilo del violoncello che poi si apre a nervose frasi con l’archetto. Un gioco di avvicinamento/allontanamento tra i due che sviluppa una tensione notevole sul piano ritmico ed emozionale. Verso il finale si apre un misterioso panorama notturno quasi sottovoce che chiude con una vibrazione sospesa sulle corde del pianoforte. Opera breve di grande interesse questa che sfiora un lirismo romantico mai esplicitato.

Meno coinvolgente la successiva selezione da Poems (2009) per pianoforte eseguita dallo stesso Larcher. Una serie di brevi quadri, un collage di ambientazioni diverse, tra melodico, minimalista descrittivo, ritmi marcati e dissonanze. Composizione molto autocompiacente alla quale segue Tristia di Listz dove a pianoforte e violoncello si affianca il violino di Helena Winkelman. Qui il dialogo a tre è ancora più struggente, un intimismo romantico, con momenti ispirativi tra virtuosismi e contrasti, che tenta di allontanarsi dai vincoli delle forme classiche. Questo primo set tutto dedicato al compositore austriaco si chiude con Illness is the Medicine I Need (2002-2013) per soprano (Giulia Peri), violino, violoncello e pianoforte. Opera complessa e ambiziosa. Anche macchinosa se vogliamo, che costruisce un teatro sonoro astratto a tratti fascinoso ma troppo frastagliato, episodico. Opera che conferma lo straordinario talento della Peri sia sul piano tecnico che interpretativo-emozionale su partiture non proprio agevoli. La prima giornata della rassegna si chiude con il Night Concert di Zeno Baldi nel padiglione trasparente nel bel parco della villa. Un set d’elettronica che prende le mosse dalle vibrazioni moltiplicate ed elaborate delle corde di una chitarra classica. Bravo Baldi a scovare attraverso oggetti e dispositivi vari sonorità inusuali, accelerazioni ritmiche, vibrazioni spaziali. Peccato che la sua performance assuma però, in assenza di una strategia compositiva, gli aspetti e i limiti di una esposizione didattica.

Foto di Eva Sauer/music@villaromana
Foto di Eva Sauer/music@villaromana

Ma di polifonie, collisioni e relazioni Music@Villaromana ce ne riserva ancora nella seconda giornata, con la prima italiana di Piove Vita studio per pianoforte (2018) di Emanuele Casale e nell’intimismo della musica da camera. La composizione di Casale è trasparente, filigranata. Arabeschi, visioni e vibrazioni con note centellinate, scolpite che tendono pian piano a prosciugarsi in un processo dal sapore mistico-riflessivo: dalla luce della bellezza al buio dell’ignoto. Il contrasto con Music for Voice and Piano per soprano e pianoforte (2012) di Jay Schwartz è sorprendente.

Composizione esplosiva con i suoi suoni secchi e stoppati in una ragnatela drammaturgica dissonante e metallica. La voce della Peri, anche qui impeccabile, sorvola il ribollire ossessivo, le cascate di accordi del pianoforte di Torquati, con emissioni gutturali e parole tratte da testi poetici di David Thoreau. Uno dei momenti più forti della rassegna. La violinista svizzera Helena Winkelman si presenta anche come compositrice con il suo Rondo mit Januskopf per violino e violoncello (2000). Lavoro che prende le mosse dagli amori giovanili verso il jazz, il camerismo di Dave Brubeck con il suo celebre Blue Rondo a la Turq. Ariosa, mossa e piacevole la composizione usa questa classica forma strumentale per attivare un agile dialogo tra i due strumenti che non è mai scontro ma più ricerca di equilibrio, a volte quasi giocoso, attraverso frasi che si rincorrono, si sovrappongono, raddoppiano.

Con l’opera di Stefano Pierini Quaderno Kosovel per violino, violoncello e pianoforte (2017) la rassegna si gioca l’ultimo incrocio pericoloso facendo seguire per gli stessi strumenti Fantasiestücke Op. 88 di Robert Schumann. Per Pierini la suggestione creativa è quella che proviene dalla forza della parola, in questo caso del poeta sloveno Srečko Kosovel. Un emozionante viaggio interiore attraverso blocchi nervosi, trame misteriose, sibili, in un dialogo serrato, che pare non avere vie di sbocco, senza uscita. Movimenti minimi intervallati da improvvisi gorghi violenti che si perdono nel nulla. Con queste sensazioni l’accostamento con l’opera di Schumann risulta meno spericolata. Anche se estetiche e strutture sono lontane, anche se più sottotraccia rispetto a Listz, il sentimentalismo del compositore di Sassonia non risulta retorico né eccessivamente formale, anzi i caratteri evocativi e lirici usati come strumenti di approfondimento esistenziale li possiamo leggere come tracce che guardano verso la modernità della musica. Insomma anche quest’anno Music@Villaromana vince la propria scommessa.

Foto di Eva Sauer/music@villaromana
Foto di Eva Sauer/music@villaromana

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