Piccola orchestra in un sassofono
Colin Stetson incanta Firenze con la sua performance in solo

Recensione
jazz
La Sala Vanni è gremita per il primo appuntamento della nuovissima rassegna ideata da Musicus Concentus, "Super Jazz". Sul palco, uno dei musicisti più trasversali degli ultimi anni: col suo sassofono basso Colin Stetson ha calcato le scene più importanti del mondo accompagnando star del rock come Arcade Fire e The National, passando per le collaborazioni con Laurie Anderson, David Byrne e Tom Waits, e arrivando fino al Mali con un progetto, forse meno conosciuto ma molto valido, dal nome [i]Sway Machinery[/i], con cui ha lavorato insieme alla diva del deserto Khaira Arby.
Solo sul palco, Stetson propone un'ora di concerto tesa e potente, che permette di scoprire come quel gusto post-minimalista a cui ha abituato con la trilogia [i]New History Warfare[/i] venga offerto dal vivo in maniera vibrante, viscerale, fisica. Grazie a un incrocio di tecniche che includono respirazione circolare, tapping sulle chiavi e l'utilizzo di alcuni microfoni che permettono di amplificare anche il suo caratteristico canto/mugolio, Stetson dà alle composizioni una forza polifonica. Una piccola orchestra in cui si percepiscono echi di Philip Glass e John Surman, di un certo Garbarek, così come di alcune tessiture armoniche compatte che evocano addirittura i panorami algidi e sconfinati dei Sigur Rós. Ma al di là della musica, a tratti fin troppo ripetitiva, quel che conquista di Colin Stetson è la completa padronanza nel gestire gli strumenti, che diventano cosa sola col corpo, in una tensione costante fatta di soffio, tendini, ance e muscoli. Molto più dell'esecuzione dei brani presenti nei suoi dischi. Piuttosto, un'esperienza da vivere tutta d'un fiato - anche questo è jazz.
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