Piace ma non entusiasma il Verdi di Oren

GENOVA. Daniel Oren e Micaela Carosi grandi protagonisti ieri della "Forza del destino". L'opera di Verdi mancava dalle scene genovesi dal 1970 e ha chiuso con un buon successo la stagione lirica di quest'anno. Lo spettacolo è stato dedicato alla memoria del grande violoncellista Rostropovich.

Recensione
classica
Teatro Carlo Felice Genova
Giuseppe Verdi
24 Aprile 2007
GENOVA - Primo impegno al Carlo Felice di Daniel Oren con quell'incarico di direttore principale che aveva ricoperto già negli anni Ottanta. E oggi come allora il debutto è stato all'insegna di Verdi, l'autore che probabilmente più si adatta al temperamento vigoroso e appassionato dell'artista israeliano. Oren ama gli eccessi, i fortissimi e i pianissimi. Ha una tecnica direttoriale inappuntabile per cui le sue letture funzionano, anche quando magari certe scelte stilistiche suscitano perplessità. Nella "Forza del destino" proposta a Genova, Oren ha posto la Sinfonia alla fine del primo atto, forse per coprire il tempo necessario per il cambio di scene (l'opera è stata presentata con un unico intervallo fra il secondo e il terzo atto): una collocazione che non ha disturbato, anche se preferiamo ascoltare la pagina all'inizio per gustare pienamente tutte le citazioni che poi si ritroveranno nel corso del lavoro. Una lettura, comunque di forte tensione e bello slancio. "La Vergine degli Angeli" è stata restituita con un pianissmimo tale da trasformarla quasi in un coro a bocca chiusa pucciniano. Le stesse dinamiche hanno invece nuociuto al "Rataplan" apparso squilibrato ritmicamente. Il cast è stato dominato da una splendida Micaela Carosi.Accanto a lei molto bene anche Bruno Praticò (spiritoso e versatile Fra Militone), Franco Vassallo (Don Carlo) e Olin Anastassov (Padre Guardiano). Poco convincenti la Preziosilla di Marianne Cornetti e il Don Alvaro di Franco Farina, quest'ultimo contestato (in maniera pacata) da una parte del pubblico dopo l'aria del terzo atto. La regia era di Nicolas Joel con le scene di Ezio Frigerio. L'impianto visivo non ha entusiasmato. Soprattutto ha suscitato perplessità la scena finale resa in maniera distaccata e priva di tensione.

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