Pelléas et Mélisande, nuova luce su un capolavoro
A Firenze un'edizione trascinante del capolavoro di Debussy

Recensione
classica
E' toccato a Pelléas et Mélisande, capolavoro difficile e non ritenuto tale da sollevare i più viscerali affetti melomanici, emozionare e conquistare senza riserve il pubblico dell'Opera di Firenze, oramai in coda al 78° Maggio Musicale Fiorentino, in un'edizione in cui per una volta tutte le componenti, direzione, regia, scene e cast, esprimevano un'alta qualità singolare ma soprattutto una visione per una volta coerente e perfettamente fusa. Mettiamo al primo posto Daniele Gatti, che ci ha dato un'interpretazione in cui la finezza, l'oscillio ritmico, i tenui e raffinati colori della partitura non erano ammanniti in punta di forchetta, ma come scaldati da una profonda e inquietante tensione, in un'espressione sempre fluida e avvincente. Nella scena astratta e atemporale di Gianni Carluccio (che firmava anche le luci, i costumi erano di Francesca Livia Sartori ), una grande struttura ad anelli che si aprivano e chiudevano a suggerire con efficacia e profonda valenza simbolista la cupezza del nebbioso regno nordico e il serrarsi del destino sui protagonisti, la regìa di Daniele Abbado era vivaddio una regia, e bella, l'evidenziarsi, nelle disposizioni sceniche e nella messa a fuoco dei personaggi, di una storia e dei suoi misteri, non un affastellarsi di concettuzzi e invenzioncelle. Nel cast tutto italiano spiccava la sorpresa di un giovane e intenso Pelléas, Paolo Fanale, e il Goloud ruvido e decisamente “italiano”, di grande pathos, di Roberto Frontali, oltre alla riconfermata presenza vocale e scenica della palpitante Monica Bacelli, Mélisande, Roberto Scandiuzzi, Arkel, Sonia Ganassi, Geneviève, e alla freschezza di Silvia Frigato, Yniold. Calorosissimo e meritato successo finale, repliche fino al 25 giugno.
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