ParmaJazz Frontiere tra sacro e profano

La XXV edizione del festival ParmaJazz inaugurata da due serate al Teatro Farnese

ParmaJazz Frontiere Gianluigi Trovesi
Recensione
jazz
Parma, Teatro Farnese
ParmaJazz Frontiere
03 Ottobre 2020 - 04 Ottobre 2020

A voler leggere con un pizzico di libera interpretazione le prime battute della venticinquesima edizione del festival ParmaJazz Frontiere possiamo mescolare il profano con il sacro, la libera ed irresistibilmente popolare scorribanda musicale tra generi ed epoche di Gianluigi Trovesi da un lato, e la ricerca riflessiva raccolta in una preghiera antica di secoli ma declinata in maniera oltremodo attuale di Roberto Bonati dall’altro.

Il primo giorno abbiamo quindi seguito Gianluigi Trovesi (composizioni e clarinetti), Fulvio Maras alle percussioni e l’Orchestra Salmeggia in For a While… Profumo di violetta, che porta come sottotitolo “Viaggio intorno all’Opera - Ricercar ed Intrecciar Ciaccone ed altre Danze con frammenti di Arie ed Intermezzi”.

Il giorno dopo protagonista è stato il direttore artistico di ParmaJazz Frontiere Roberto Bonati, in questa occasione presente in veste di compositore e direttore della ParmaFrontiere Orchestra impegnato a distillare il suo nuovo Stabat Mater. Declinazioni di un dolore.

Idealmente l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine di una perlustrazione che si spinge a indagare quelle frontiere dell’espressione musicale che questo festival pone e propone fin dall’inizio quale cifra distintiva, partendo dalla concezione di un linguaggio contemporaneo per definizione – come quello rappresentato dal jazz, appunto – quale viatico per un’indagine segnata da un respiro aperto, inclusivo e, al tempo stesso, profondo.

Due riti differenti – ma sempre di riti si tratta – ospitati entrambi nella cornice del Teatro Farnese di Parma, monumento dedicato a un nobile passato seicentesco dato alle fiamme dai bombardamenti degli Alleati a un anno dalla fine della II Guerra Mondiale e risorto come una sorta di fragile ma imponente fenice architettonico-teatrale. Luogo magnifico e immaginifico, quasi simbolicamente destinato ad ospitare una contemporaneità musicale – e artistica in generale – oggi più che mai altrettanto fragile.

Una dicotomia, quella tra i fasti di un passato celebrato attraverso un’attualizzante declinazione popolare da un lato e dall’altro le pene di un mondo attuale che trovano nella dimensione intima della preghiera, personale e collettiva al tempo stesso, una possibile chiave per decifrare un presente sempre più a corto di futuro.

ParmaJazz Frontiere Gianluigi Trovesi

Così sabato scorso, tra le gradinate lignee del Farnese, sono riecheggiati i suoni scaturiti dalla compagine decisamente affiatata di Gianluigi Trovesi il quale, tra aneddoti e presentazioni condivise con Corrado Guarino – che ha curato arrangiamenti e direzione – ha aperto la serata con le note che introducono l’Orfeo di Monteverdi, rilette con la consueta pregnante fantasia insufflata nel suo clarinetto. Un concerto che si è rivelato una vera e propria scorribanda, come si diceva all’inizio, girovagando in lungo e in largo tra epoche e stili, ora rievocando figure come quella di Maurizio Cazzati attraverso una sua “Ciaccona” – una delle varie danze sparpagliate nel programma della serata – ora reinventando la perenne seduzione della “Follia”. E ancora dal barocco inglese di Henry Purcell siamo stati accompagnati fino all’opera dell’Ottocento grazie a un duplice omaggio: Donizetti, conterraneo di Trovesi, presente con la melodia di “Adina credimi” dal primo atto de L'elisir d'amore, e Verdi con l’evocazione di una Traviata che ha chiuso il cerchio ideale attorno al ricordo di una fortunata incisione ECM pubblicata nel 2008 dallo stesso Trovesi e titolata, appunto Profumo di Violetta.

Domenica sera il teatro seicentesco è stato invece lo scenario dove il clima denso e riflessivo dello Stabat Mater di Bonati ha preso forma grazie all’esecuzione attenta della ParmaFrontiere Orchestra, i cui componenti hanno saputo restituire con impegno anche i momenti solistici loro affidati. Un percorso di ascolto intenso, sviluppato grazie ad una materia sonora nella quale si fondevano rimandi modali e segni armonico-timbrici più affilati e contemporanei, intarsiati con raffinata misura e impreziositi dagli interventi improvvisativi circostanziati nel loro sottolineare alcuni passaggi nodali del discorso musicale. Una riflessione sonora che ha rappresentato un percorso assieme drammatico e consolatorio, innestato sull’antico testo di questa “Sequenza” per accompagnare in un ascolto attento e coinvolto un pubblico che, come in occasione della serata precedente, alla fine ha salutato tutti gli artisti impegnati con un successo bello e caloroso.

Roberto Bonati (foto Roberto Morelli)
Roberto Bonati (foto Roberto Morelli)

 

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