Note da Helsinki

Nuove opere da camera e spazio alla Cina

Recensione
classica
Helsinki a metà agosto si è animata con una serie di eventi culturali, musica, danza, teatro e cinema: alta quest´anno la presenza di nuove opere da camera, ben tre in un cartellone altrimenti dedicato alla Cina. La prima, di Antti Auvinen (1974), si intitola provocatoriamente Beatitudine: in realtà il tema è piuttosto pesante, visto che si tratta di un fratricidio causato dalla follia, anzi il primo caso del genere accertato e studiato in Finlandia, nel 1881. In una famiglia di pastori protestanti, un fratello si convince che l´altro sia posseduto dal male, e si convince che l´unico modo per salvarlo, per portarlo alla "beatitudine", sia di ucciderlo. Alla regia l´artista Teemu Mäki, che aveva già trattato il soggetto in un video sul problema del male (accanto al caso Breivik e ad alcuni altri). E il video gioca un ruolo fondamentale nell´economia dell´opera: non è solo un di più, né un video di ambientazione, ma è un elemento che dialoga con l´azione sulla scena. Per la maggior parte, sono primi piani dei due fratelli, osservati nelle loro minime espressioni, che completano e commentano (con smorfie etc.) quello che dicono e fanno i personaggi in carne e ossa. Nella parte centrale diventa documentario, con un´intervista a un criminologo, in cui l´artista si chiede chi sia l´assassino, e quanto di lui ci sia, ci possa essere in ognuno di noi. Quindi si torna al problema del male, di quella spinta oscura che può sorgere nella mente di tutti, o quasi. Nel video le voci dei fratelli sono state trattate elettronicamente, deformate, fatte ascoltare al rallentatore oppure accelerate. A un certo punto sullo schermo compaiono due immensi metronomi, che vanno a velocità diverse, e creano un dialogo ritmico con la musica in scena. Bravissimi gli interpreti del Coro da Camera di Helsinki (Mirjam Solomon, Jarno Lehtola e Sampo Haapaniemi), e del Defun Ensemble.

Lusia Rusintytar (Lucia, figlia di Rusi) è la nuova opera di Juha T. Koskinen (1972), di cui si può ascoltare anche un´installazione sonora al museo Amos Anderson, per una mostra ispirata a S. Teresa d´Avila: diverse opere di arte contemporanea, installazioni e performance, che indagano come il tema dell´estasi possa essere presente nella genesi di un´opera (a cura di Sara Orava e Stiina Saaristo, fino al 26 ottobre). Salendo le scale del museo, voci e respiri ci accompagnano in un particolare percorso di elevazione. Anche il soggetto di Lusia è in un certo senso mistico: tratto anch´esso da una storia vera, quella di una cantastorie e guaritrice di Ahmas, un paese della Finlandia nord-occidentale: l´ultima, nel 1680, a essere giudicata come strega, e la prima cantastorie che si ricordi in Finlandia. Conosciuta nella comunità per questo doppio ruolo, medico e poetico, fu però tradita dai suoi compaesani, che la denunciarono alla consulta di pastori della regione. Il processo però non ebbe mai luogo, perché si dice che Lusia un giorno entrò cantando nel bosco, e si tolse la vita. Interprete d´eccezione la mezzosoprano Virpi Räisänen, che tra parentesi è delle parti di Lusia e ha scoperto la storia. A Lusia sono stati dedicati un ponte e un anfiteatro a Ahmas, dove qualche settimana fa si è tenuta la prima dell´opera. La figura di Lusia è tratteggiata con delicatezza e intensità, con degli accenti espressionisti ben sostenuti dall´ensemble strumentale (archi, corno, percussione e clavicembalo). Magica l´idea di affiancarla con una voce bianca, la voce della luna, del bravissimo Vili Saarela. Nella scena del processo immaginario il coro è virtuale, registrato su nastro e elaborato. Molto bella la scena finale, con l´aria di Lusia in procinto di suicidarsi: rimane però un raggio di speranza, la conclusione è solo accennata. Tra i bravi musicisti il Quartetto Tempera (un quartetto tutto al femminile) e Elina Mustonen al clavicembalo.

E di una strega si parla anche nel nuovo libro di Saila Susiluoto, Ariadne: la poetessa finlandese ha scoperto tempo fa la storia di un´altra donna, nella stessa regione di Lusia, che però finì sul rogo. La sua storia, intrecciata al mito greco e ad alcuni dei più tragici avvenimenti della storia europea, si trova tra le oltre duecento poesie di Antikythera, una app innovativa inventata dal Crucible Studio della Aalto University. La app è ispirata all´Antikythera, un meccanismo greco del I secolo a. C , che calcolava la posizione del sole e della luna; scoperto nel mare Egeo nel 1900, fu esposto nel 2012 al Museo archeologico di Atene, dove Susiluoto lo notò.

Per tornare al teatro musicale, Wunderbar! della compositrice Lotta Wennäkoski (1970), porta una nota di leggerezza, in confronto alle due opere di cui sopra. A dispetto del soggetto, tutt´altro che leggero: una doppia storia, che intreccia il destino personale di una coppia di gemelle, dui cui una muore alla nascita, con la caduta del muro di Berlino. La coincidenza della data, l´ottobre del 1989, però non basta a motivare la sovrapposizione delle due storie, che non entrano mai veramente in contatto, né in risonanza. Nel video si vedono scorrere diversi documenti storici, mentre in un salotto si svolgono gli avvenimenti familiari: la protagonista, ragazzina, apprende dalla madre che aveva una sorella; sconvolta, fissa lo sguardo sulla TV, che in quel momento rimanda le immagini di... Cicciolina, in uno dei suoi look un po´ stralunati. La sorella non nata è un non-personaggio, che compare in scena, con le altre due donne, madre e figlia. E finisce per traverstirsi con un costume alla Cicciolina, con tanto di seni finti all´aria. Tre donne anche nel ridotto ensemble, un trio con pianoforte. Nonostante le brave interpreti e alcuni bei passaggi, l´operazione però non convince.

Strumenti antichi e nuovi in primo piano nei due concerti dedicati alla musica cinese (in occasione dei 65 anni dall´apertura delle relazioni diplomatiche con la Finlandia): in quello dell´Ensemble del Conservatorio Centrale Cinese interessante la combinazione di musica antica e contemporanea, eseguita con strumenti tradizionali. Affascinante il suono dello yangqin, strumento a corde percosse apparentemente affine al cimbalom, ma dal suono mille volte più delicato. Come il guqin, strumento affine allo huqin (poi diventato il koto giapponese), ma dal suono più contenuto e ricco di sfumature. Tra i nuovi pezzi interessante quello di Fay Wang, che ritrae diverse figure di donne tradizionali, viste da una compositrice di oggi. Eccezionale il concerto della Hong Kong Chinese Orchestra: un´orchestra "sinfonica" composta da strumenti tradizionali cinesi. Alcuni, ad esempio gli archi gravi (corrispondenti ai nostri violoncelli e contrabbassi), sono il frutto di un progetto innovativo, iniziato nel 2005, con la costruzione di strumenti tradizionali con materiali nuovi - nella fattispecie membrane PET a sostituire la meno ecologica pelle di pitone. L´ambito degli archi copre ora ben sei ottave, e anche il volume sonoro è notevolmente migliorato. Anche qui un programma misto con musica antica e contemporanea, con una particolarità: un pezzo commissionato per l´occasione al finlandese Jukka Tiensuu, Ihmix. Tiensuu da tempo predilige combinazioni sonore inconsuete, e questo pezzo lo conferma, con momenti originali e tessiture trasparenti, di una bellezza discreta.

Non è che uno scorcio su un festival a molte facce, con una serie impressionante di appuntamenti per diverse arti, a volte dispersivo ma nell´insieme coraggioso e seguitissimo.

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