Non s'ha da fare

diario del 25 luglio

Recensione
jazz
Ieri a Montevecchio era una di quelle serate che non si hanno da fare. Perché appena usciti dalla prova con l’Orchestra da Camera della Sardegna diretta da Simone Pittau e con Daniele di Bonaventura al bandoneon fuori c’era il diluvio universale in pieno luglio. Dal cortile, sotto il Pozzo Sartori, le nuvole nere passavano veloci e minacciose e il concerto non si aveva da fare. Del resto non possiamo lamentarci visto che in quarantaquattro giorni di tour senza soluzione di continuità il tempo è stato sempre clemente e non abbiamo mai cancellato un concerto a causa del maltempo. Il concerto non si ha da fare ma, come ormai sempre, aspettiamo migliaia di persone delle quali qualche centinaia sono lo zoccolo duro che ci segue da giorni e giorno. Sono quelli e quelle che si presentano due ore prima con in mano sediette, stuoie e tappetini perché ormai sanno e mai e poi mani abdicherebbero per un posto in ultima fila vicino a quelli che parlano e che sono lì solo per curiosità o perché sono arrivati tardi e avrebbero anche il coraggio di lamentarsi perché non vedono e perché non ci sono sedie e devono poggiare il loro sedere sulla nuda terra. Ormai gli aficionados li conosciamo uno per uno. Ci parliamo prima e dopo e ci scambiamo strette di mano, pareri e presenti. Ieri sera li ho addirittura invitati a mettere nel nostro Facebook nomi e cognomi affinché di sera in sera si possa fare l’appello come a scuola e eventualmente portare la giustificazione in caso di assenza. Il pubblico degli aficionados è quello che detta legge. Perimetra lo spazio tra l’improbabile palco che non c’è e l’altro pubblico sotto l’attenta vigilanza di Gianni Melis e funge da nastro di sicurezza bianco e rosso che non c’è perché è brutto e invece è molto più bello vedere la gente davanti a te che ride, piange e si emoziona suonando con te. Il concerto di stasera è ospitato in seno al festival organizzato dall’Associazione “Sardinia pro Arte” diretto da Simone Pittau che è musicista e direttore d’orchestra. In fondo al grande cortile della miniera è stato sistemato un vero palco che noi ignoriamo totalmente. Il mettere i piedi non più per terra ma su tavole a un metro da terra non è nella filosofia di “!50” e forse dovrò spiegarlo ai venti musicisti dell’Orchestra da Camera della Sardegna, che si ritroveranno dall’altra parte rispetto al palco che resta vuoto a guardarci come fosse lui stesso spettatore ingombrante. Alle 19.30 le nubi sono ancora basse e non più di mezz’ora prima arriva un violentissimo scroscio d’acqua che mette in seria difficoltà i nostri tecnici. Decidiamo di rischiare. Facciamo le prove con parte del pubblico già presente e poi incappucciamo tutto il possibile e andiamo a una cena che dura 15 minuti perché è già ora e la gente attende numerosa. Non fa neanche freddo nonostante il terreno sia umido. Le prove del suono in velocità sono state un disastro perché amplificare venti strumenti ad arco non è un gioco ma al concerto succede il miracolo e il nostro tecnico Fabrizio Dall’Oca supera sé stesso perché il suono sul palco che non è un palco è meglio del migliore teatro all’italiana. Suoniamo i miei “Fellini” e “Abbamele” arrangiati apposta da Daniele di Bonaventura e alcuni brani suoi. Il concerto inizia in duo con il suo “Sanctus” che eseguiamo in “Mistico Mediterraneo” con A Filetta. Daniele ha anche arrangiato la bellissima versione di “Answer Me My Love” di Joni Mitchell che è proprio come dovrebbe essere. Straziante. Prima di “Once Upon a Time in America” di Ennio Morricone mi fanno la sorpresa di “Happy Birthday” arrangiata da Daniele ed io brindo con un Cannonau “Duca di Mandas” delle Cantine Trexenta che stasera ci sponsorizzano. Il Bis è Gardel con “Sus Ojos se Cerraron” e Daniele la dedica ai giovani ragazzi morti nell’attentato norvegese e il silenzio si installa tra la gente. Piove che Dio la manda a mezzanotte ma il concerto è salvo. Un panino con la salsiccia concluderà la cena iniziata qualche ora prima e mai finita. Un panino e una birra per riprendere la strada per Oristano. Certo, tutto questo è niente rispetto a chi era in miniera. Domani ci aspetta la Barbagia di Ollolai con Paola Turci e chissà che il cielo non sia terso.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

jazz

Si chiude l'ottima edizione 2024 del Torino Jazz Festival

jazz

Usato sicuro e un tocco british per il quarantunesimo Cully Jazz

jazz

Bel successo di pubblico per la prima edizione dello storico festival diretta da Joe Lovano