Nel nome di Federico

Si è aperto il Festival Pergolesi Spontini

Recensione
classica
“Quest’è la luce de la gran Costanza/che del secondo vento di Soave/generò ‘l terzo e l’ultima possanza”: queste le ultime parole che Piccarda Donati (Paradiso, III, vv. 118-120) rivolge a Dante indicando lo spirito di Costanza d’Altavilla, la sfortunata imperatrice che proprio come lei fu strappata dalla vita monastica per essere data in moglie ad Enrico VI di Hohenstaufen e dare alla luce l’erede al trono, Federico II. Proprio alla figura di Costanza, e alla straordinaria esperienza della sua maternità giunta in età tardiva, è dedicato l’evento di apertura del Festival Pergolesi Spontini, che quest’anno è intitolato a Federico II, “re, imperatore, sapiente, poliglotta, mago, anticristo, campione nella caccia al falcone, poeta innamorato delle donne cristiane e saracene”, messo al mondo nella piazza di Jesi, sotto una tenda, alla presenza delle autorità civili e religiose, per dar prova al mondo che una donna così attempata e per di più ex monaca fosse veramente la genitrice del futuro imperatore. In prima esecuzione assoluta, il 1 settembre, la kermesse di Franco Dragone, grande creatore di eventi come le regie per il Cirque du Soleil o la cerimonia di inaugurazione dei mondiali di calcio del 2014: una “festa teatrale”, come la definisce lui stesso, intitolata “Il volo dell’Aquila”, che attraverso voci recitanti, cori polifonici e voci soliste, strumenti elettronici, giochi di luce e artisti di circo contemporaneo racconta in prima persona l’esperienza della maternità di Costanza, vissuta soprattutto nei suoi tratti di dolore, per il corpo trasformato e consumato dalla gravidanza, mero strumento per generare un figlio da cui sarà presto separata. Nella piazza di Jesi un palco ottagonale, una statua alta cinque metri con le sembianze di Costanza e 130 artisti di cui molti (soprattutto coristi e figuranti) attinti dal territorio; i movimenti di massa poi erano eseguiti da 60 persone formate da Dragone e Giuliano Peparini nel corso di un workshop organizzato dalla Fondazione Pergolesi Spontini nei giorni scorsi. I testi cantati, a commento del racconto di Costanza, sono tratti dalle Bucoliche di Virgilio, da Dante e dallo Stabat Mater di Jacopone da Todi; quelli recitati dalla protagonista invece redatti da Virginia Virilli ed interpretati da Diletta Masetti.

Fabrizio Festa è autore delle musiche, eseguite in collaborazione con MaterElettrica-Scuola di musica elettronica ed applicata del Conservatorio “E. Duni” di Matera, per chitarra elettrica, theremin, EWI e DAW. Proprio la musica ha fatto da raccordo agli eventi diversificati che hanno caratterizzato lo spettacolo, con il foltissimo pubblico a naso in su che spesso non sapeva dove guardare per seguire gli effetti anche a sorpresa in vari punti della piazza. Con un sound contemporaneo, la musica di Festa si è ispirata ad un linguaggio antico nei moduli ritmici e nelle melodie modali. Nel complesso un evento senz’altro originale, ispirato al teatro popolare medievale e alla sua natura di spettacolo composito.

Nel segno della tradizione popolare, ma stavolta quella dei pupari siciliani, anche il secondo evento in programma, il 2 settembre nel teatro di Montecarotto. Un scenografia semplice e coloratissima, il pianoforte disposto in alto, a commentare i dialoghi, due pupari, un negromante e un contastorie, tutti bravissimi nel mettere in scena uno spettacolo davvero incantevole, che rielabora un giovanile libretto wagneriano mai musicato (scritto nei primissimi anni ’40), La Saracina (Die Sarazenin). In prima rappresentazione assoluta, lo spettacolo presenta in maniera sorridente le vicende di Manfredi, figlio naturale di Federico II, che con l’aiuto della misteriosa Fatima, una donna saracena che solo in punto di morte si rivelerà sua sorellastra, riesce ad insediarsi sul trono del Regno di Sicilia contro le mire del papato. Tra fiaba e racconto epico cavalleresco, il libretto wagneriano fa di questo personaggio un eroe romantico, tormentato e incerto, ma capace in quanto erede degli ideali cosmopoliti e laici del padre, di ritrovare lo spirito autentico della propria stirpe attraverso il sostegno di sudditi cristiani e musulmani. Vi si intravedono in nuce diversi aspetti del Wagner maturo: il rapporto tra i due fratelli che ignorano il proprio legame di parentela ricorda Siegmund e Sieglinde, così come il ruolo guida della donna, che aiuta Manfredi a ritrovare lo spirito autentico della propria stirpe, rimanda a Senta o a Elisabeth; non ultima la scelta di un eroe germanico, tra mito e storia, avrà in Wagner molteplici echi. Ad accompagnare il “cunto” ritmico ed espressivo dei pupari naturalmente celebri pagine wagneriane suonate al pianoforte da Valentina Casesa, a cui si sono aggiunti un inedito Romeo und Julie e la parafrasi lisztiana dell’Ouverture del Tannhäuser.

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