Menotti:un omaggio e una sorpresa

A quasi cinquant'anni dalla prima esecuzione, la Maria Golovin di Gian Carlo Menotti rivela aspetti insospettabilmente moderni, per l'acuta e sensibile narrazione dell'amore d'un cieco per una donna, condotta con pudore e discrezione, senza sentimentalismo e effetti melodrammatici.

Recensione
classica
Festival dei due Mondi Spoleto
Giancarlo Menotti
29 Giugno 2007
Si considerava la Maria Golovin solo un doveroso omaggio alla memoria del fondatore del festival, ma ci si è trovati davanti a un'opera ben più vitale e interessante di quanto ci si aspettasse. Il tempo ha infatti attenuato il disagio per il tradizionalismo ad oltranza del linguaggio di Menotti, mentre ora emerge una tematica più sottile e moderna, che prima era rimasta un po' nascosta sotto una superficie tardoverista e sentimentaleggiante. Che Donato sia cieco non è affatto un facile espediente strappalacrime, perché la sua menomazione è la causa (o piuttosto il simbolo) di una condizione esistenziale d'ipersensibilità e di fragilità che rende il suo rapporto con Maria molto diverso da una banale storia d'amore e gelosia. Questa vicenda - dal primo incontro, così naturale, fino allo scioglimento, invece un po' forzato - è narrata da Menotti con mezzi semplici ma con acume e sensibilità: evidentemente una storia così intima e segreta gli ha suggerito di evitare gli sfoghi sentimentali e il melodizzare postpucciniano e di attenersi a una discrezione e a un pudore di cui gli siamo grati. Indubbiamente hanno concorso a spogliare quest'opera dai suoi aspetti più caduchi la scenografia essenziale, quasi astratta, di Vincent Lemaire e la regia di Vincent Boussard, che focalizzava l'attenzione sul dramma interore di Donato e trasformava anche gli episodi bozzettistici in eventi simbolici che davano ulteriori risonanze alla vicenda. Spartani, nonostante la firma lussuosa di Christian Lacroix, i costumi in stile anni Quaranta. Nuccia Focile era semplicemente perfetta come Maria Golovin e molto brave anche Eugenie Grunewald (la madre) e Sophie Pondjiclis (Agata). Ma nessuno offriva un'identificazione così totale e coinvolgente col suo personaggio come Paulo Szot, assolutamente straordinario come Donato. Limpida e accurata la direzione di David Charles Abell, che era sulla stessa linea di alleggerimento dei residui tardoveristi e postpucciniani che improntava tutta la produzione.

Interpreti: Nuccia Focile, Eugenie Grunewald, Paulo Szot, Sophie Pondjiclis, Jacques Lemaire, Chris Pedro Trakas, Louis Lemaire

Regia: Vincent Boussard

Scene: Vincent Lemaire; Ideazione luci, Alain Poisson

Costumi: Christian Lacroix

Orchestra: Spoleto Festival Orchestra

Direttore: David Charles Abell

Coro: Spoleto Festival Coro

Maestro Coro: Donald Nally

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