"Mefistofele" in scatola

Il Mefistofele di Boito è andato in scena al Teatro Marrucino di Chieti in un nuovo allestimento che si è rivelato più un training per il giovane organismo abruzzese, che una produzione compiuta: molti i difetti e le lacune, distribuiti in tutte le componenti di uno spettacolo volenteroso, ma al di sotto di uno standard soddisfacente.

Recensione
classica
Teatro Marrucino CHIETI
Arrigo Boito
08 Aprile 2005
Il Teatro Marrucino si cimenta, per la prima volta nella sua recente storia moderna, con il "Mefistofele" di Boito, che si rivela ostacolo improbo per una struttura con soli 7 anni di attività alle spalle: le caratteristiche di grand-opèra eclettico del titolo non aiutano certo il regista Trevisanello (chiamato, pare, all'ultimo momento in sostituzione), che inscatola i tableau nel raccolto spazio del teatro con risultati dignitosi, ma lascia poi i personaggi in balia di se stessi e di movimenti generici quanto atrofici. Le scene, limitate a scaloni e al disegno architettonico di una cattedrale gotica idealizzata, con funzione ornamentale e divisoria del palco (la struttura è aperta, e non nasconde il cangiante fondo), hanno il merito di non sottrarre spazio vitale alle masse. Che, guidate con buona volontà da Nicola Colabianchi, s'impegnano, ma arrancano frequentemente, mostrando la corda soprattutto nelle basi della tecnica d'insieme (amalgama fra e intonazione dei singoli settori). Anche le voci protagoniste pagano costantemente dazio: Francesco Palmieri (Mefistofele) avrebbe buone potenzialità, ma equilibra male risonanza della voce e articolazione della parola, a tutto scapito della seconda che - in Boito - è invece fondamentale; anche Mario Leonardi (Faust) potrebbe far meglio, ma è troppo spesso assai rigido nel fraseggio e nell'emissione, rendendo inespressivo ciò che canta; Nausicaa Policicchio se la cava discretamente nell'atto di Elena, ma scivola completamente su "L'altra notte in fondo al mare", e comunque non centra il personaggio di Margherita, che sembra molto più smaliziata di Marta (un'onorevole Simona Mango). Insomma, uno spettacolo-training, che un giovanissimo teatro di tradizione ha forse affrontato per completare la sua esperienza: certo, le aporie del lavoro di Boito (vagheggiante uno spessore "ideale" goethiano e mitteleuropeo, ma costretto in una sintesi tra spettacolarità e finezza francese, e melodismo da romanza italiana) non sono facilmente risolvibili, soprattutto senza i numeri che possano sostenere la componente spettacolare.

Interpreti: Francesco Palmieri, Mario leonardi, Nausica Policicchio, Franco Becconi

Regia: Marco Travisanello

Direttore: Nicola Colabianchi

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