Martina Franca tra tragedia e divertimento

A Festival della Valle d'Itria trionfo per Carmela Remigio come Ecuba e per un divertentissimo Matrimonio Segreto

Ecuba (Foto Lapollaph)
Ecuba (Foto Lapollaph)
Recensione
classica
Martina Franca
Festival della Valle d'Itria
01 Agosto 2019 - 04 Agosto 2019

Per Ecuba di Manfroce l’inizio era stato in salita: prima il forfait di Fabio Luisi sul podio, poi quello di Carmela Remigio come protagonista, ma all’ultima recita, nella serata conclusiva del Festival della Valle d’Itria, il trionfo per Ecuba/Carmela Remigio, vera tragedienne di classe, ha dimostrato che la partitura di Manfroce aveva vinto. Se per molti Nicola Antonio Manfroce era ancora una nota a piè di pagina nei libri di storia della musica ora non sarà più così. Già nel 1990 Ecuba, scritta da un compositore ventunenne nel 1812, sarebbe morto l’anno dopo, venne riscoperta a Savona,  e le domande su cosa avrebbe potuto scrivere da “grande” Manfroce rimangono senza risposta, certo, si sentono gli influssi di alcuni compositori coevi, c’è qualche ingenuità, ma c’è già una mano sapiente che sa emozionare e sa come affrontare il belcanto. Sesto Quatrini, catapultato nel giro di dodici ore a sostituire Luisi, ha diretto con sicurezza l’Orchestra del Petruzzelli di Bari, Carmela Remigio ha scolpito ogni parola mettendo in luce i due sentimenti che lacerano il cuore di Ecuba: il dolore e la vendetta. Il finale era da pelle d’oca, difficile da dimenticare la maledizione scagliata sui Greci! Accanto a lei una sempre più matura Roberta Mantegna come Polissena, Norman Reinhardt (Achille) e Mert Sungu (Priamo) affrontano con onore l’impervia tessitura tenorile. L’allestimento firmato da Pier Luigi Pizzi è essenziale (la stessa struttura, una divisione in tre spazi, viene utilizzata anche per Orfeo e Matrimonio Segreto) e minimalista: tutto bianco, viola i costumi, neri i guerrieri, sull’ara bianca viene deposto il cadavere di Ettore, e su quella stessa ara dovrebbe celebrarsi il matrimonio di Achille e Polissena. La morte rende tutti uguali, vincitori e vinti, e il cadavere di Achille viene portato via nello stesso modo in cui veniva sollevato quello di Ettore.

 

Sempre nel cortile di Palazzo Ducale i tre spazi diventano la lussuosa casa di un collezionista- gallerista d’arte per Il Matrimonio Segreto di Cimarosa attualizzato da Pizzi (regia, scene e costumi) ai giorni nostri: lo spettacolo, coloratissimo, è una perfetta macchina teatrale da risate: tutto scorre perfettamente, il gioco delle porte notturne delle varie stanze, capricci e tentativi di seduzione, fughe e rivelazioni. Ogni interprete vive perfettamente il proprio personaggio e il pubblico si diverte, riscopre ancora una volta la grandezza di Cimarosa, e applaude. Nel cast spicca Marco Filippo Romano come impeccabile Geronimo, ma sono tutti da lodare: Maria Laura Iacobellis (Elisetta), Benedetta Torre (Carolina), Ana Victoria Pitts (Fidalma), Vittorio Prato (Conte Robinson), Alasdair Kent (Paolino), Michele Spotti dirige con brio l’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari.

 

Un’altra scoperta è il pastiche Orfeo di Porpora con arie di Hasse, Vinci, Veracini,  etc, etc qui Massimo Gasparon (regia, scene, costumi, luci) gioca con costumi lussureggianti e la storia a lieto fine diventa una gara canora con un cast all’altezza della situazione: Raffaele Pe (Orfeo), Rodrigo Sosa Dal Pozzo (Aristeo), Davide Giangregorio (Plutone), Anna Maria Sarra (Euridice), Federica Carnevale (Autonoe), Giuseppina Bridelli (Proserpina). Alla guida di Armonia Atenea un attento George Petrou, nome da tenere d’occhio per il futuro.

Trasferta fuori porta di pochi chilometri alla Masseria  San Michele per L’ammalato immaginario di Leonardo Vinci e  La vedova ingegnosa di Giuseppe Sellitti abbinate sotto il tema dell’ipocondria e della vedovanza (regia di Davide Gasparro, Sabino Manzo sul podio): Lavinia Bini era afona, ma è stata ottimamente doppiata da Maria Silecchio, mentre lei recitava e  così il gioco teatrale diventava ancora più scoperto. Tra medici ignoranti, vedove scaltre e malati innamorati, insieme a Bruno Taddia danno vita a gags e scaramucce (fino alla boxe finale) meritandosi molti applausi.

 

il festival presieduto da Franco Punzi non si ferma mai (ci sono concerti a tutte le ore del giorno, e se non c’è musica si va a visitare la bella mostra dedicata a Paolo Grassi, di famiglia di Martina Franca, allestita a Palazzo Ducale nel centenario della nascita: una vera e propria lezione di civiltà teatrale) e ha già annunciato i titoli dell’edizione 2020 (con la riconferma di Alberto Triola come direttore artistico e Fabio Luisi come direttore musicale): Gli amanti sposi di Ermanno Wolf-Ferrari, La rappresaglia di Saverio Mercadante e Leonora di Ferdinando Paer.

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Piace l’allestimento di McVicar, ottimo il mezzosoprano Lea Desandre