Ma dove vai, Adina, in bicicletta…

Nuovo allestimento, molto su due ruote, di Elisir d’amore a Catania

Elisir d’amore (foto Giacomo Orlando)
"Elisir d’amore" (foto Giacomo Orlando)
Recensione
classica
Catania, Teatro Massimo Bellini
L’elisir d’amore
10 Maggio 2022 - 17 Maggio 2022

Antonio Calenda, che firma un nuovo allestimento di Elisir d’amore al Massimo Bellini di Catania, deve aver tenuto presente che il Giro d’Italia sarebbe passato – nei giorni del debutto dello spettacolo – dal capoluogo della Sicilia orientale. Perciò, tanti interpreti in scena hanno a che fare con le due-ruote, a partire dalla ‘bellezza in bicicletta’ corteggiata ma indipendente, Adina, per proseguire con Nemorino che, da persona non sofisticata ma di piena di slancio umano, ha un’officina di riparazione per quei mezzi; Belcore invece è un bersagliere (ma il suo battaglione è velocipedizzato), mentre Dulcamara fa ingresso in scena – col suo assistente – su un sidecar targato CT. Non sono gli unici agganci al luogo delle rappresentazioni, peraltro evocato nel libretto originale (il Mongibello che per Dulcamara fa, metaforicamente, da fornello ad Adina nel distillare le sue arti seduttive): l’Etna compare sugli sfondi proiettati, il mego-ciarlatano è più precisamente catanese anziché genericamente ‘del paese’, accenni a luminarie da Piazza delle Giostre fanno capolino nel secondo atto. I costumi sono perciò collocabili intorno al 1950, l’epoca eroica del ciclismo sportivo per le ben note rivalità in Italia, ma pure la fase storica pre-boom, quando  la bicicletta non era ancora stata così ampiamente sostituita da mezzi motorizzati (a due o quattro ruote). Il guizzo registico più apprezzato dal pubblico è stato però il bacio in bocca stampato da Adina nella penultima scena: vengono lasciati cadere, col casto gioco a rimpiattino dei due futuri sposi, i diaframmi corporei codificati nel melodramma tradizionale, dove al più ci si abbraccia…

Il cast vocale è a conti fatti professionale, più luci che ombre; Irina Dubrovskaya è un’Adina solida, molto precisa soprattutto nei passaggi di bravura, Mario Rojas un Nemorino che non ha gran profondità di voce, quindi ogni tanto spinge e forza gli acuti, ma è molto corretto nei fraseggi e nella dizione; sia Clemente Antonio Daliotti (Belcore) sia Francesco Vultaggio (Dulcamara) sono una buona media tra graniticità e chiarezza di emissione, e disinvoltura istrionica; Paola Francesca Natale canta Giannetta con plasticità, soprattutto nella scena dell’eredità nel secondo atto. Il Coro guidato da Luigi Petrozziello ogni tanto sbanda in curva, ma il gruppo infine è guidato sotto lo striscione conclusivo della tappa senza troppi patemi dalla direzione di Tiziano Severini.

Pubblico numeroso e festoso, per un arrivederci – sulle scene del teatro – in autunno.

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