L'Upupa vola a Lione

A Lione prima esecuzione francese dell'Upupa, l'ultimo lavoro teatrale di Henze. L'allestimento, coprodotto dall'Opera di Lione, è lo stesso della prima salisburghese di due anni fa.

Recensione
classica
Opéra de Lyon Lione
Hans Werner Henze
24 Giugno 2005
L'Upupa di Henze è la storia di un viaggio iniziatico. A compierlo è il giovane e virtuoso Kasim, partito alla ricerca del magico uccello dalle piume d'oro scappato dal giardino di suo padre. Nell'arco della vicenda il ragazzo, assistito da un soccorrevole demone, affronta pericoli in terre lontane, incontra l'amore, conosce il male di cui gli uomini sono capaci e riesce, grazie al suo amore filiale e al suo coraggio, a riportare con successo l'upupa a casa. Il libretto è di mano dello stesso Henze, che ha tratto il soggetto da una antica fiaba siriana. Detto questo, non sarà il caso di entrare nelle possibili interpretazioni simboliche che la vicenda può offrire. Tanto più che l'impostazione scelta dalla regia di Dieter Dorn va proprio nel senso di una semplificazione, trasformando il tutto in una godibilissima favola senza troppi compiacimenti intellettuali. I cultori delle profondità mitiche storceranno forse il naso, ma sfido anche il più serioso dei professori a non rimanere sedotto dalle incantevoli scene di Jürgen Rose e dalle luci di Tobias Löffler. Al di là di tutti i simboli e i sottolivelli, quel che conta è poi la musica. E quella di Henze è di fattura magistrale, nell'orchestrazione, nello sviluppo delle cellule tematiche, nella scrittura vocale, nella ricchezza armonica e soprattutto nella capacità di strutturare un'azione drammatica con i mezzi tradizionali del linguaggio musicale, cosa che nessun altro compositore d'oggi sa fare meglio di lui. È evidentissima la necessità di Henze di non porsi in un rapporto di rottura totale o di fuga dalla propria tradizione, ma di assumersene invece il peso e le contraddizioni. L'opera, non a caso, è una "commedia tedesca": mozartiana l'ispirazione della vicenda, molto wagneriani i lunghi resoconti e la verbosità puntigliosa del libretto, decisamente tedeschi poi il gusto per il fantastico e il tema del cammino di formazione. Nel complesso, l'invenzione musicale è meno definita nella prima parte (ad eccezione dei monologhi del vecchio e delle introduzioni alle scene, capaci di creare un'atmosfera in pochi lievi tratti), soprattutto per la mancanza di azione drammatica nel libretto – le prove affrontate da Kasim sono infatti misteriosamente facili e, senza dialettica, a ispirare la musica non resta che l'esotismo. A partire dal tradimento dei fratelli, la vicenda si rianima e con essa la musica, che cresce di intensità e poesia fino al lungo commento orchestrale della conclusione, degno erede del finale di Capriccio di Strauss. La coppia Kasim-Demone, infine è la cosa più riuscita sul piano teatrale: una nuova coppia maschile da aggiungersi al repertorio del melodramma! Ottimi tutti i cantanti, anche quelli che alla prima di Salisburgo non c'erano, e ottima pure la prova dell'orchestra sotto la guida asciutta e precisa di Gérard Korsten.

Interpreti: Badi'at: Laura Aikin; Il demone: Tom Allen; Il vecchio: Alfred Muff; Malik: Nadine Denize; Dijab: Siegfried Vogel; Al Kasim: Lauri Vasar; Adschib: Fabrice di Falco; Gharib: Jérôme Varnier

Regia: Dieter Dorn

Scene: Jürgen Rose; Luci: Tobias Löffler

Costumi: Jürgen Rose

Orchestra: Orchestra dell'Opéra de Lyon

Direttore: Gerard Korsten

Coro: Coro dell'Opéra de Lyon

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