L'umanissima vicenda di Sesto, Tito e Vitellia
Una nuova produzione de La Clemenza di Tito al Covent Garden rende giustizia al capolavoro mozartiano grazie ad un eccellente cast.
Recensione
classica
Strano il destino de La Clemenza di Tito, definito dallo stesso Mozart, che aveva a lungo nutrito il desiderio di scrivere un'opera seria, come una 'vera opera', e visto dai contemporanei come la sua più perfetta creazione, per essere poi frainteso e quasi abbandonato come un lavoro d'occasione, sbrigativo e affrettato, scritto in soli 18 giorni per l'incoronazione boema dell'Imperatore Leopoldo II, secondo gli schemi ormai senza vita dell'opera seria, niente di più di un freddo pezzo da museo. Anche nel contesto della recentemente riconquistata popolarità viene spesso visto come un lavoro secondario, lontano dall'ispirazione creativa che aveva prodotto il Don Giovanni e il Flauto magico, con un protagonista, Tito, che non è in grado di suscitare nessuna simpatia, invariabile, quasi noioso, scelto non per necessità drammatica ma per celebrare l'illustre ospite, che nella grandezza di Tito avrebbe dovuto vedere celebrata la propria. Ovviamente queste considerazioni trascurano il dettaglio che il protagonista principale della vicenda non è Tito, come risulta evidente dal fatto che convenzionalmente il primo uomo dell'opera seria era ancora un castrato, ovvero quel Domenico Bedini, famoso per i suoi lunghi fiati, per cui Mozart aveva creato uno dei suoi personaggi più complessi, quello di Sesto, visto invece come un imbelle e debole marionetta alla balia della sete di potere di Vitellia. Ma a guardarlo bene, l'aspetto trionfale e celebrativo dell'opera è solo una cornice, all'interno di cui si sviluppa una umanissima vicenda, dominata dai conflitti interiori, quello di Sesto tra amicizia e amore, quello di Vitellia tra ambizione e rimorso, quello di Tito tra rabbia e clemenza, e anche quello di Annio tra desiderio e rinuncia; solo Servilia e Publio, che non a caso hanno solo una breve aria a testa, sono caratteri fissi. Certo è che la maggior parte della vicenda si sviluppa attraverso i recitativi, e produzioni che lacerano il testo tagliando all'impazzata non possono certo fare un buon servizio al lavoro, senza contare il fatto che per rendere i recitativi interessanti occorrono cantanti-attori che non li vedano come un male ingombrante ma necessario per unire due arie, ma come parti essenziali dello sviluppo drammatico. E forse questo è l'aspetto più gratificante della nuova produzione di Clemenza al Covent Garden, dove non solo i tagli ai recitativi sono stati limitati, ma dove è stata loro data la dovuta rilevanza: non semplici schemi metrici, ma vero testo drammatico che sviluppa l'azione. Così all'improviso il carattere di Tito nelle mani di un eccellente Bruce Ford assume nuovo spessore, e non è più una statua classica intoccabile da ogni umano sentimento: enfasi, fraseggio, dinamica, colore sono considerazioni che non appartengono più solo alle arie, ma a tutto il testo. Lo stesso dicasi per la Vitellia di Barbara Frittoli, che disegna un carattere infantile e malizioso, a tratti irresistibilmente comico, incosciente della gravità delle proprie azioni. Ma è Vesselina Kasarova nei panni di Sesto a dominare la scena: il mezzosoprano bulgaro ha ormai fatto completamente suo questo ruolo, un suo cavallo di battaglia, ed è vocalmente pressochè perfetta, con tono uniforme e fluido su tutta la tessitura, e canta con grande intelligenza e senso drammatico. Completano un'eccellente cast l'Annio di Katarina Karneus, la Servilia di Anna Netrebko ed il Publio di Brindley Sherratt. Le scene di Benoit Dugardyn sembrano soccombere alla sindrome da scatola bianca fin troppo comune nelle produzioni di questo lavoro, e la regia di Stephen Lawless, per quanto ricca di particolari, resiste solo in parte alla tentazione di far scorrere l'azione in uno spazio vuoto. Un Colin Davis non in perfetta forma dirige l'orchestra della Royal Opera House.
Note: nuovo all.
Interpreti: Ford, Sherratt, Karneus, Frittoli, Kasarova, Netrebko
Regia: Stephen Lawless
Scene: Benoit Dugardyn
Costumi: Sue Willmington
Orchestra: Orchestra della Royal Opera House
Direttore: Colin Davis
Coro: Coro della Royal Opera House
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