A Liegi rivive lo spirito de Le domino noir

Riuscita nuova produzione in collaborazione con l’Opéra Comique

Le domino noir
Le domino noir
Recensione
classica
Opéra de Liége
Le domino noir
23 Febbraio 2018 - 03 Marzo 2018

Il pubblico comincia a ridere divertito sin dalle prime scene, non soltanto perché i dialoghi sono stati leggermente ammodernati per rendere le battute più attuali, ma sopratutto per la brillante messa in scena del duo di registi, Valérie Lesort e Christian Hecq, che hanno saputo ricreare con eleganza e leggerezza, ma anche tanta originalità, un mondo che se da una parte richiama i fasti e lo splendore della Belle Epoque dall’altro è un po’ fantastico con statue, ed anche il porcellino arrosto, che si animano e partecipano all’intreccio,  in cui decori un po’ surrealisti (di Laurent Peduzzi) e coloratissimi costumi (di Vanessa Sannino) sono un continuo susseguirsi d’invenzioni e trovate. Ed il cast pure si rivela presto tutto composto di ottimi cantanti dotati di spiccata verve comica, oltre che delle necessarie capacità vocali che si dispiegano con sempre maggiore evidenza con l’avanzare degli atti. Anche l’orchestra, diretta con l’indispensabile brillantezza da Patrick Davin, si esprime con scioltezza, e lo stesso fa il coro ben integrato nel contribuire a quel susseguirsi di malintesi che rendono tanto godibile ancora oggi l libretto di Eugéne Scribe. Un nuovo allestimento del lavoro di Auber che centra quindi il bersaglio d’arricchire d’idee per il pubblico più smaliziato di oggi un’opéra comique che nell’Ottocento è stata tra le più amate, prima di eesere giudicata superata. Il Ballo in maschera del primo atto è già l’occasione per gli interpreti per caratterizzare il personaggio con il canto e con i travestimenti indossati : il soprano belga Anne-Catherine Gillet è un’elegantissima Angéle de Olivares, misurata nel gesto quanto nelle ben rifinite espressioni vocali, ma che sa essere pure molto più prorompente quando si traveste nella nipote, appena arrivata dalla campagna spagnola, della domestica.  Il giovane innamorato Horace è il tenore Cyrille Du Bois, che sfodera la sua bella voce tenorile per esprimere il suo insopprimibile amore per Angèle. Perfetto poi Laurent Montel nella parte di Lord Elfort, che si presenta vesitito da istrice e recita e canta con un divertentissimo accento inglese. Un capolavoro poi la trasformazione di Marie Lenormard nella domestica Jacinthe, tutta curve (d’imbottitura) e dalla battuta pronta che fa coppia con un Laurent Kubla trasformato in vecchio dagli ardori ancora ben vivi. Ma meritano la menzione almeno anche Antoinette Dennefeld che è una deliziosa Brigitte-mimosa, Francois Rougier nei panni dell’amico-pavone Conte Juliano e Sylvia Bergé nei panni dell’antipatica suora invidiosa.

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

A Bologna l’opera di Verdi in un nuovo allestimento di Jacopo Gassman, al debutto nella regia lirica, con la direzione di Daniel Oren

classica

Napoli: il tenore da Cavalli a Provenzale

classica

Al Teatro La Fenice grande successo per l’opera di Arrigo Boito nel brillante allestimento di Moshe Leiser e Patrice Caurier con la solida direzione musicale di Nicola Luisotti