Le geometrie del sette

Ospiti dell'Accademia di Santa Cecilia, Maurizio Pollini, l'Orchestra del Festival Lucerna e Claudio Abbado, trionfano all'Auditorium di Roma con il Concerto per pianoforte di Schumann e la Sinfonia n. 7 di Mahler

Recensione
classica
Festival Abbado Roma
11 Ottobre 2005
L'ultimo programma del Festival Abbado a Roma si è aperto con il Concerto per pianoforte e orchestra di Schumann, dove Maurizio Pollini ha dato saggio di un fraseggio originale, tornito nel movimento centrale e a tratti nervoso in nei due estremi. Un'interpretazione che, sbalzata dalle folate dell'Orchestra del Festival di Lucerna, ha elettrizzato il pubblico, malgrado non apparisse la migliore esecuzione del pianista milanese di questa partitura. Nella seconda parte si è ascoltata la Sinfonia n. 7 di Mahler, compositore che Claudio Abbado non ha mai smesso di frequentare fin dagli esordi e ha segnato tutti gli snodi della sua carriera di direttore, a partire dal debutto con la Seconda al Festival di Salisburgo nel 1965. Per quanto riguarda la Settima, sinfonia contraddittoria per eccellenza, negli ultimi anni l'interpretazione di Abbado è profondamente cambiata invece di affinarsi come in altri casi –basti pensare alla Nona. Benché di carattere diversissimo, i movimenti estremi appaiono avvicinati come due facce davvero della stessa medaglia: nel primo, i continui slanci dinamici cui è sottoposta l'orchestra stemperano la dimensione tragica in favore di un umorismo che si ritrova nelle accelerazioni furibonde dell'ultimo, così prosciugato dal trionfalismo. Anche serrando i ritmi, Abbado non perde il gusto del fraseggio, né tanto meno dei cambi di tempo, a volte repentini altre morbidamente progressivi. Il tutto trova il punto di sutura nello scherzo centrale, pronunciato in una koiné sonora da Novecento radicale. Basata sui ranghi della Mahler Chamber Orchestra, la compagine di Lucerna offre un eccellente suono di archi brunito ed equilibrato, mentre tra i leggii dei fiati i numerosi solisti internazionali dalla spiccata personalità rischiano a tratti di sgomitare un po', ma rendono floreale la lussureggiante orchestrazione di Mahler anche dove Abbado ne alleggerisce lo spessore. Un edonismo sonoro che trova il suo apice nelle due "Nachtmusiken", in particolar modo la prima di florida sensualità. Alla fine, mentre quei discoli dell'Orchestra lucernese scherzano tirandosi per gioco i fiori che il pubblico gli aveva offerto, Abbado va ad abbracciare Carlo Azeglio Ciampi, presente tra un pubblico romano infervorato, in un visibilio di applausi durato oltre dieci minuti.

Direttore: Claudio Abbado

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