Le cose vanno e vengono

diario del 9 luglio

Recensione
jazz
Da ieri e dopo una lunga guerra civile esiste un nuovo stato democratico e indipendente che si chiama Sud Sudan. Un nuovo vento sta finalmente spirando in tutta l’Africa. Vento che arriva fino a noi che non siamo così lontani.
Intanto Fabrizio Oghittu ha vinto il campionato di rutti a Sinnai, una manciata di chilometri da Settimo San Pietro dove ieri ho suonato con Omar Sosa nella chiesa campestre di San Pietro. Fin qui niente di male. Ognuno nella vita fa quello che vuole ma è che l’articolo di un noto quotidiano regionale intitolava “L’assolo del mio canto libero” che sembrerebbe una dedica a Battisti e invece no e pur volendo provare a leggerci dentro la poesia di Mogol l’operazione risulta difficoltosa.
Del resto oggi c’è anche un pezzo sulle lavaggiste americane in bikini che stasera si esibiscono in una nota discoteca della zona. Le sexy carwasher sarebbero troppo per questo sabato campidanese di luglio se Sergio Naitza non avesse alzato il tiro con un bel pezzo sul tournage del film “Una questione d’onore” di Zampa e con un Ugo Tognazzi in foto a cavallo di un’asino nella Sardegna del 1966.
Quarantaquattro anni fa le sexy carwasher, almeno in Sardegna, non c’erano e i “ruttisti” professionisti tanto meno, se non a casa loro mentre gli asini sì e i nuraghes anche. Fortunatamente.
Nel 1966 la cantante americana Sheila Jordan fa il suo primo tour in Europa mentre il “Gruppo romano Free Jazz” registra un album con Mario Schiano, Giancarlo Schiaffini, Franco Pecori e il nostro Marcello Melis al contrabasso. Otto anni dopo Marcello registrerà “Perdas de fogu” assieme a Don Pullen, Jerome Cooper, Ray Mantilla, Bruce, Johnson e Sheila Jordan Tutto torna, fortunatamente.

Sheila è in piena forma, nei suoi 83 anni ben suonati come i miei cinquanta. Al New Morning di Parigi suonai con lei per la festa dei suoi settant’anni e oggi lei è qui, in Piazza Cattedrale a Oristano, per il mio anniversario. Tornerà nella sua New York non prima di essere passata a Roma per un workshop e viene dalla Grecia. A ottantatre anni suonati! Se la vedi arrivare ti sembra una ragazzina in gita scolastica. Con la sua blusa che ha i colori di Gaughin e un cappello di paglia in testa che non sai se lo porta sempre sul capo o se ha una valigia solo per quello tanto è ben tenuto. Sheila ha la storia del jazz in quella blusa colorata. Perché è nata nel 1928 e lo dice perché è normale dirlo alla sua età che sembra una bambina in gita scolastica, perché ha studiato con jazzisti del calibro di Lennie Tristano e Charlie Mingus, perché è stata sposa del pianista di Charlie Parker, perché ha cantato con George Russell, Carla Bley, Roswell Rudd, Cameron Brown, Steve Kuhn, Steve Swallow, Harvie Swartz, Red Mitchell e mille altri. Ma soprattutto perché ha energia da vendere e ieri sera in Piazza Cattedrale a Oristano sembrava che il palco fosse suo e la gente lo ha recepito riempendola di affetto e di applausi. Il concerto è iniziato leggendo Martin Luther King con un mio accompagnamento di elettronica. Poi ha continuato con il Blues della sua vita che è il Blues del jazz e dopo i cavalli di battaglia come “How Deep is the Ocean?”, “Bird Alone” di Abbey Lincoln e “it’s You or no One” ha dedicato una bella versione in duo col contrabbasso di “Dat Dere” a mio figlio Andrea. Poi l’omaggio al Bebop di “Confirmation”, una toccante “Autumn in New York” e l’altro Blues della sua vita per finire. Una vita in musica la sua. Che solo lei riesce a raccontare in un Blues, anzi in due. Il bis, davanti a duemila persone sedute per terra (anche il Sindaco Angela Nonnis era seduta per terra perché questa è la filosofia di “!50”) è stato “For all we know” delicata come la brezza della sera a Oristano in Piazza Cattedrale.
Due suore in bianco si sono viste tutto il concerto dal chiostro del convento e io le ho salutate con una dedica. Alla fine viene dietro il palco il Parroco Don Giuseppe che ha gentilmente concesso ad Adriano Pisi di mettere delle luci al led su alcune finestre e Suor Sandra, anch’essa vestita di bianco e visibilmente commossa. Mi chiede di presentargli Sheila e si abbracciano. Non sapevamo che il sogno di Sheila, da piccola, era quello di farsi suora e lei lo racconta con quegli occhi che ridono sempre. Questa è una delle tante sere di solidarietà. Ci sono quelli di Amnesty che sono saliti da Cagliari e il Comitato oristanese di GoFAR ai quali dedichiamo il concerto.
Il Carro delle energie è disposto sulla destra a fianco degli altri stand. Irene l’altra sera ha bruciato la frizione del furgone salendo a Monte Maccione con il Carro attaccato dietro ma ora tutto è a posto. Nel pomeriggio durante le prove su quello che per la seconda volta in 28 giorni era un palco vero è passato un anziano prete con la tonaca nera e curvo su sé stesso. Ci ha guardati e ha salutato gentile, curvo su sé stesso. Sheila ha ricambiato. “Certo che la musica mantiene giovani” ha poi detto con la sua aria stralunata da bambina in gita.
L’altra mattina uscendo dall’Ospedale di Nuoro una Land Rover aveva la scritta “Timo ma no mi vrimmo” sul cofano. “Temo ma non mi fermo” c’era scritto. Il motto di un pastore della Barbagia. In motto di Sheila Jordan a 83 anni ben suonati. Chissà com’era quando nel 1976 incontrò il Coro Rubano di Orgosolo. “The New Village on the Left”. Da qualsiasi parte vai, in Sardegna, ritorni sempre allo stesso posto. Gli asini sono sempre meno ma i nuraghes sono sempre lì a ricordarci che il tempo è da vivere e che le cose vanno e vengono.

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