L'anonima "Ginevra" del bicentenario

Per il bicentenario del Teatro Verdi, una Ginevra di Scozia di Mayr con un buon cast vocale, che ha lasciato perplessi per quanto riguarda orchestra e allestimento, ma che alla fine ha comunque convinto il pubblico.

Recensione
classica
Teatro Lirico Giuseppe Verdi Trieste
J. Simon Mayr
21 Aprile 2001
Clima di forte attesa, a Trieste, per l'esecuzione dell'opera che aveva inaugurato il Teatro Nuovo (poi intitolato a Giuseppe Verdi), quello storico 21 Aprile del 1801: la "Ginevra di Scozia" di Johann Simon Mayr dopo il debutto triestino restò ininterrottamente per un trentennio sulle scene dei più importanti teatri europei, prima di piombare nell'oblio. Recuperare un titolo assente dalle scene da 170 anni, per proporlo a un pubblico verosimilmente non più abituato al mondo operistico del tardo Settecento, era una operazione delicata, tanto più in quanto inserita in un contesto celebrativo, che si è risolta però in maniera disomogenea. Non può che essere globalmente positivo il giudizio sul cast vocale, nel quale svettava uno splendido Ariodante, superbamente impersonato dal mezzosoprano triestino Daniela Barcellona, vera protagonista della serata. Buona anche l'interpretazione del soprano Viktoria Loukianetz, nei panni di Ginevra, la cui voce ha brillato per agilità ed estensione pur risultando talvolta un po' cupa nel registro centrale. Ancora da segnalare il Polinesso del tenore Antonio Siragusa e il Lurcanio del controtenore Marco Lazzara, secondo ruolo, dopo quello di Ariodante, che all'epoca della prima era affidato a un sopranista. Eccellente anche la prova del coro, presente con le sole voci maschili, che ha contribuito non poco a sottolineare i toni epici e sublimi della vicenda. Meno soddisfacente è stata la prova dell'orchestra, non tanto nelle parti solistiche che emergevano in alcune delle arie, quanto nell'insieme: già nella sinfonia iniziale si è percepita la non sufficiente convinzione della compagine guidata da Tiziano Severini; una certa mancanza di agilità e la non perfetta sincronia tra orchestra e parti vocali hanno poi appesantito un'opera che avrebbe tratto giovamento anche da un maggior rigore stilistico. Abbastanza anonima e priva di una sua connotazione stilistica è stata pure la realizzazione del basso continuo nei recitativi secchi: solo scalette e arpeggi al clavicembalo - su uno strumento non certo storico - sostenuti da un violoncello poco incisivo; le informazioni disponibili sulla prassi esecutiva dell'epoca potevano senz'altro trovare ampia applicazione anche in Mayr. Ancora, ci si aspettava maggiore creatività, per la ricorrenza del bicentenario, dalle scene e costumi di Lauro Crisman, quasi per un allestimento in tono minore, mentre è stata comunque apprezzabile la sobria regia di Francesco Torrigiani. La giornata finale di questo triduo celebrativo, aperto giovedì dal convegno di studi sul compositore bavarese e proseguito ieri sera con una serata di gala nello stesso teatro, non ha visto la partecipazione del pubblico numeroso delle prime, ma gli intervenuti hanno applaudito lungamente alla fine dello spettacolo, prima che la serata avesse il suo epilogo mondano in una cena con gli artisti, presso il celeberrimo Caffè degli Specchi.

Note: rappresentazione nel 200° anniversario della prima rappresentazione assoluta

Interpreti: Loukianetz/Vidal, BArcellona/Basso, Siragusa/Ferrato, Longo/Piunti, Lazzara/Sborgi, Grassi/Balzani, Orsolini/Sorrentino

Regia: Francesco Torrigiani

Scene: Lauro Crisman

Costumi: Lauro Crisman

Orchestra: Orchestra del Teatro Verdi

Direttore: Tiziano Severini

Coro: Coro del Teatro Verdi

Maestro Coro: Ine Meisters

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