La vendetta di Medea
Napoli: l'opera di Cherubini apre la stagione del San Carlo
10 dicembre 2025 • 2 minuti di lettura
Napoli, Teatro San Carlo
Medea
06/12/2025 - 16/12/2025L’inaugurazione della stagione 2025/2026 del Teatro di San Carlo è declinata al contrasto tra dissociazione e vendetta, il mondo e la sua aridità sociale, Il dramma psicologico della depressione ventunesimo secolo, la maga stile anni 1840 e un allestimento Vittoriano. C‘è un po’ di tutto nella Medea di Martone, artificiosa e iper-intellettuale. Opera punta di diamante di Luigi Cherubini su libretto di François-Benoît Hoffmann e proposta nella versione italiana di Carlo Zangarini (1909), è nuova produzione del Teatro San Carlo - pensata sul profilo moderno e borghese - ma che vuole raccontare la fine del mondo più che la fragilità umana. Diretta da Riccardo Frizza alla testa di orchestra e coro del teatro napoletano, quest’ultimo preparato da Fabrizio Cassi, affascina ed entusiasma per una lettura attenta e un allestimento coinvolgente. Tanti applausi per Frizza, che senza incertezze e con prudenza ha evidenziato tutta la tavolozza timbrica di una partitura ricca di contrasti sonori. Giustamente! Anche perché oltre all’orchestrazione raffinata e qualche colore cupo da dramma in questo classicismo maturo di Cherubini di più non si può nei molti passaggi di arpeggioni e cadenze perfette in 4/4. Il personaggio tragico e forte totalmente pennellato per il soprano Sondra Radvanovsky, assolutamente non nuova in questo ruolo, voce maliosa, lucente sembra cantare il tutto come una lunga Aria di vendetta. Medea è in effetti questo: lei che cerca una tragica vendetta e rinuncia al mondo, da subito entra mascherata dal regista ed emana dolore. Cede talvolta la pronuncia in un registro scolpito e molti acuti picchettati ps, tr, pt destavano incertezze ma poi via via si capisce che alcune enfasi erano volutamente interpretate. L'inizio è un frenetico muoversi del coro sul palco nel giardino, successivamente in platea per il matrimonio. Dress code black tie per i costumi di Daniela Ciancio. Il tutto coreografato da Daniela Schiavone, anche bello, immaginato come quarto spazio, ma fatto totalmente estraneo al continuo delle scene (Carmine Guarino) che manterranno fino al termine un rigore di spazio, essenzialità seppur con plasticità e bellezza, ma soprattutto un colore tetro e malinconico. Canta giusta Anita Rachvelishvili nel ruolo di Néris, in un crescendo esatto di drammaticità. Importante il Giasone di Francesco Demuro, come gli interpreti di Creonte, padre di Medea, Giorgi Manoshvili e l’allieva dell’accademia del Teatro Désirée Giove in Glauce. La parte più riuscita è proprio il punto finale dell'opera in cui l'azione porta tutti a scontrarsi con la sofferenza di Medea e la morte, raccontato da Martone con sobrietà omaggiando Lars Von Trier Melancholia. Di tutt’altra riuscita il coro che apre e chiude l’opera, e il San Carlo viene utilizzato in tutta la sua profondità, dalla platea al palcoscenico. Quattro le repliche, da sabato 6 fino a martedì 16 dicembre.