La tenace battaglia del Festival Barocco “Alessandro Stradella” a favore di un musicista geniale

La prima esecuzione in tempi moderni della serenata/cantata “Ecco amore ch’altero risplende”

MM

19 settembre 2025 • 4 minuti di lettura

Ecco amore ch’altero risplende
Ecco amore ch’altero risplende

Teatro Torlonia, Roma

Festival barocco Alessandro Stradella

18/09/2025 - 18/09/2025

Il Festival Barocco “Alessandro Stradella”, che fino al 28 settembre prosegue a Viterbo, Nepi e altre località della Tuscia, ha fatto un’incursione anche a Roma, dove ha replicato il concerto imperniato sulla prima esecuzione in tempi moderni della cantata “Ecco amore ch’altero risplende” di Alessandro Stradella, già eseguita nei giorni scorsi a Viterbo e in due splendide residenze dell’aristocrazia romana nella Tuscia, tra cui quella degli Altieri ad Oriolo Romano, dove questa cantata ebbe la sua prima e probabilmente unica esecuzione il 14 giugno 1676, in occasione delle nozze tra un Colonna e una Altieri.

Si tratta in realtà di un ibrido tra una serenata e una cantata: le dimensioni sono quelle dalla cantata o appena più ampie, mentre alla serenata rimanda la struttura piuttosto complessa, che non si basa sulla consueta sequela di recitativi ed arie della cantata ma ha un’articolazione più varia e sfoggia diversi brani a due e tre voci. D’altronde infrangere gli schemi tradizionali è tipico di un artista geniale come Stradella, che riesce a non farsi limitare nemmeno da un libretto che è il solito omaggio alle glorie dei due sposi e delle loro casate. Già l’allusione alla famiglia Altieri contenuta nel titolo “Ecco amore ch’altero risplende” fa intendere di che si tratti. Il testo non era riportato nel programma di sala, ma si po’ supporre che proseguisse su questo stucchevole tono cortigiano. Si coglievano qua e là delle parole che lasciavano stupefatti: per esempio, nel primo recitativo del soprano si parla di Babilonia, che non si sa cosa abbia a che vedere con queste nozze. Poco dopo viene nominato il Campidoglio, certamente più consono a quest’evento interamente romano. Resta la curiosità di capire con quali capriole l’anonimo librettista sia saltato in pochi versi da Babilonia a Roma.

In fin dei conti l’assenza del testo nel programma di sala si è rivelata un vantaggio, perché la sua mediocrità avrebbe distolto dall’ascolto di una musica che anche su quei versi banali e deprimenti riesce a fare prodigi, nelle arie così come nei duetti e terzetti, perfino quello finale, che è un retorico inneggiare alla gloria dei due sposi. Le melodie sono o dolcemente piane o incisivamente plastiche, sempre sorrette da un’armonia ricca e vigorosa e in alcuni pezzi anche da un contrappunto tutt’altro che accademico. Ottimi gli interpreti, favoriti dall’acustica e dalle dimensioni del teatro costruito dai Torlonia nella loro villa romana a metà Ottocento, sul modello dei teatri delle corti italiane del primo Seicento. Francesca Lo Verso e Chiara Marani si sono divise la parte del soprano: hanno temperamento e timbro diversi ma sono entrambe capaci di catalizzare l’attenzione dell’ascoltatore. Il controtenore olandese Tibbe Alkemade ha voce giovane e fresca e usata con gusto e musicalità, ma un po’ esile, tanto da arrivare alla fine con qualche segno di affaticamento. Sarebbe limitativo definire promettente il basso Francesco Masilla, perché ha già in gran parte mantenuto le promesse: ha voce, tecnica e personalità.

Tutto e tutti facevano riferimento ad Andrea De Carlo, direttore artistico del festival e profeta massimo di Alessandro Stradella, uno dei più geniali compositori barocchi ma poco apprezzato dai sedicenti amanti del barocco, che confondono la musica barocca con i virtuosismi vocali dello schema infinitamente ripetitivo dell’aria col da capo, affermatasi soltanto nei primi decenni dl Settecento, quando in realtà era finita l’epoca autentica del barocco, i cui autentici rappresentanti artisti molto diversi tra loro, quali Bernini e Borromini, Caravaggio e Guido Reni, Frescobaldi e appunto Stradella. È assiomatico che lo “stradelliano” De Carlo conosca profondamente la musica di Stradella e ne metta in evidenza la straordinarietà e la genialità. Dirigeva i musicisti dello Stradella Y-Project, dove Y sta per young, perché sono giovani venuti dal mondo intero per approfondire la musica del barocco e in particolare di Stradella. Si sono fatti apprezzare non soltanto i cantanti ma anche gli strumentisti: due violini a cui era affidata la parte melodica e un folto gruppo di continuisti a cui era affidato il basso.

Prima della cantata/serenata “Ecco amore ch’altero risplende” si sono ascoltati vari brani composti da Stradella a Genova, nell’ultimo periodo della sua breve vita, stroncata nel 1682 dal pugnale di un sicario. Erano tre Sinfonie avanti l’opera o avanti i singoli atti di un’opera, due tratte da “Le gare dell’amor eroico” e una da “La forza dell’amor paterno”: sono rari i brani di musica strumentale di tale bellezza in anni in cui la musica vocale aveva l’indiscusso predominio. Un miracolo è la Sinfonia avanti il terzo atto de “La forza dell’amor paterno”, un brano per violino solo (l’ottimo Gabriele Mazzon) e basso continuo, che è praticamente una Sonata a solo, di una qualità musicale non ancora raggiunta all’epoca - era il 1678 - da questo genere musicale allora ai primi passi. E poi due arie e un terzetto dal “Barcheggio”, un’altra serenata composta nel 1681 a Genova per altre nozze aristocratiche.

Questa rapida carrellata sugli ultimi anni di Stradella ha confermato la genialità di questo musicista, sperando che finalmente se ne accorgano anche il pubblico e soprattutto gli organizzatori musicali.