La Russia sanguinaria dell'opricnik

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Recensione
classica
Teatro Lirico di Cagliari Cagliari
Pëtr Ilic Cajkovskij
10 Gennaio 2003
Una Russia feroce, selvaggia, scandita da rituali gentili, festosi e colorati, ma intimamente sanguinaria. Schiacciata in un orizzonte sempre un po' opprimente, sotto volte basse, uno spazio scenico claustrofobico, un paesaggio di tundra desolante. Così Graham Vick ha immaginato la Russia di Opricnik, l'opera di Cajkovskij che ha inaugurato la stagione del Teatro lirico di Cagliari (fedele alla sua tradizione di apertura con titoli rari e prime italiane). Prima passo del compositore nel mondo dell'opera, messa in scena per la prima volta nel 1874, l'opera è ambientata all'epoca di Ivan il Terribile e del suo gruppo di guardie del corpo, gli opricniki: è la storia dello sfortunato amore tra Natal'ja, figlia del Principe Zemcuznyj, e Andrej Morozov, arruolatosi fra gli opricniki dello zar per chiedere giustizia dei torti subiti da lui e da sua madre per opera di Zemcuznyj. Gli intrighi del Principe Vjaz'miskij, acerrimo nemico del padre di Andrej, conducono quest'ultimo ad infrangere il giuramento di fedeltà allo zar e al tragico supplizio finale. Il regista inglese, che si è ispirato anche al film Ivan il Terribile di Eizenstejn, e lo scenografo e costumista Yannis Thavoris hanno forse ecceduto nel punteggiare l'opera di sanguinanti vittime della violenza degli opricniki, di sventurati (non previsti nel libretto) torturati e trucidati senza pietà. Ma nel complesso hanno creato uno spettacolo di grande impatto emotivo, caratterizzato da elementi simbolici ricorrenti, come i rapaci, simboli del potere dello zar (nel secondo atto Vjaz'miskij entrava in scena con una poiana viva sul braccio; bellissimo poi, nella scena finale, del matrimonio l'enorme artiglio che cala dall'alto e trascina con sè il velo nuziale di Natal'ja), dai fondali rugosi, fatti di croste che si aprivano come ferite, da una pala d'altare trasformata in pedana, dai movimenti geometrici dei cori femminili, come il corteo delle ancelle di Natal'ja nel primo atto, in contrasto con i movimenti selvaggi degli opricniki, vestiti con pesanti pellicce nere di lupo (ma ecologiche!) - immagine che in Sardegna crea qualche interferenza con i costumi tradizionali dei mammuthones - che apparivano in scena come una muta di cani. La partitura di Opricnik soffre di qualche prolissità ma è carica di melos (con venature modali e popolari) di elementi drammatici, e dominata da trascinanti pagine corali: sul podio Gennadi Rozhdestvensky - che di Cajkovskij aveva già diretto a Cagliari tre anni fa Cerevicki (Gli stivaletti) - ha guidato l'orchestra con mestiere, ma senza andare troppo per il sottile. Belle le voci. Non solo quelle dei due protagonisti, la Natal'ja di Elena Lassoskaya (soprano dalla voce molto timbrata e con seducenti sfoghi nel registro acuto) e l'Andrej di Vsevolod Grivnov (tenore di grande energia anche se non proprio raffinatissimo). Si sono ammirati soprattutto Anne-Marie Owens nei panni della Morozova, per il timbro morbido, la duttilità, il pathos, la musicalità, la forza drammatica (con il suo culmine nella scena del terzo atto in cui maledice il figlio), e il baritono Vladimir Ognovenko, che ha dato al principe Vjaz'miskij, uno spessore vocale e una terribilità scenica superlativi. Da vero genio del male.

Interpreti: Elena Lassoskaya/Vitalija Blinstrubyte (12-14-19/1) Natal'ja, Vsevolod Grivnov/German Apaykin (14-19/1) Andrej Morozov, Alexandra Durseneva/Ursula Ferri (12-14-15-19/1) Basmanov, Anne-Marie Owens/Irina Doljenko (14-19/1) Bojarina Morozova, Vladimir Ognovenko/Eldar Aliev (12-14-15-19/1) Principe Vjaz'miskij, Michail Ryssov/Vassily Savenko (14-19/1) Principe Zemcuznyj, Cinzia De Mola Zachar'evna, Stefan Szkafarowsky/Dmitri Ulianov (14-19/1) Molcan Mit'kov

Regia: Graham Vick

Scene: Yannis Thavoris

Costumi: Yannis Thavoris

Coreografo: Ron Howell

Orchestra: Orchestra del Teatro Lirico

Direttore: Gennadi Rozhdestvensky

Coro: Coro del Teatro Lirico

Maestro Coro: Paolo Vero

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