La levità di una Grande Messa

A Ferrara Musica, un’esecuzione nataliziamente consolatoria del capolavoro bachiano offerta da Andrea Marcon con i suoi giovani barocchisti

Andrea Marcon e l'Orchestra Frau Musika (foto Marco Caselli Nirmal)
Andrea Marcon e l'Orchestra Frau Musika (foto Marco Caselli Nirmal)
Recensione
classica
Ferrara, Teatro Comunale
Johann Sebastian Bach, Messa in Si minore BWV 232
20 Dicembre 2022

L’assunzione continuata di concerti funziona un po’ come quella degli alimenti. Dopo le brume terrificanti del Requiem verdiano che hanno tenuto banco a cavallo dello scorso week-end, fra Ravenna, Rimini e Bologna [inserire qui il link al pezzo di ieri], la cosiddetta Grande Messa in Si minore di Bach proposta da Ferrara Musica ha svolto la funzione di tisana depurativa: grandiosa ma sempre cristallina, densa eppur drenante per le tossine umorali che ci pervadono a ridosso di un Natale poco sereno. Benedette dunque le feste comandate, che – quasi per un obbligo etico cui le istituzioni concertistiche continuano ad allinearsi (ma chissà per quanto ancora) – ci regalano la possibilità di ascoltare qua e là i capolavori dell’antica musica sacra. E doppio merito a Ferrara Musica che ha programmato questo Concerto di Natale (titolo espressamente indicato in locandina) in teatro e non in una qualsiasi chiesa ove il suono si confonde e si disperde.

Inspiegabile il senso di unità e compattezza che la più celebre e importante Messa bachiana produce ad ogni ascolto, considerato che venne assemblata dall’autore riciclando in buona parte brani preesistenti, anche di provenienza profana: una compattezza che – come s’usa dire – si tagliava col coltello nell’esecuzione tutta d’un fiato realizzata al Teatro Comunale di Ferrara da Andrea Marcon, senza neppure il classico intervallo dopo il «Gloria».

Esecuzione peraltro impeccabile su tutti i fronti, non fosse stato per le incertezze in cui è incappato quel corno che interviene una volta sola in tutta la partitura – ma con un’evidenza senza pari – a duettare insieme al basso solista nell’aria «Quoniam tu solus sanctus». Il livello di tutti gli altri strumentisti è invece quello che in tempi non lontani avremmo trovato soltanto all’estero, e che oggi ci viene nondimeno assicurato da una compagine di formazione italiana, a dispetto del nome Orchestra Frau Musika: un formidabile ensemble di strumenti cosiddetti antichi originatosi a Vicenza, cui concorrono giovani selezionati a livello internazionale, venutisi a specializzare con Andrea Marcon ed altri reputati musicisti dediti al repertorio barocco.

Non meno efficaci i membri del Coro del Friuli Venezia Giulia in numero di 37 elementi: quasi uno schiaffo stilistico a certe scelte interpretative d’Oltralpe che vorrebbero invece eseguire le parti corali di Bach a voci sole o quasi. Quando ciò avviene, in questa esecuzione, è sempre per scelta oculata, come nella manciata di passi a quattro o cinque voci che abbiamo nelle orecchie in versione corale e che Marcon affida invece ai suoi cinque solisti: il soprano Miriam Feursinger, i mezzosoprani Lea Müller e Rachele Raggiotti, il tenore Jakob Pilgram, il basso José Antonio López: tutti di alto livello, nell’impossibilità di stilare una classifica di merito.

Anche per i tempi staccati nell’esecuzione, Marcon rifugge certe corse estreme cui tale musica è stata fatta oggetto in anni recenti, restando sempre sulla scia assennata della cantabilità. Sul fronte opposto, sono altrettanto lontani – stilisticamente lontani, ma non cronologicamente – gli anni in cui un Klemperer o un Giulini battevano l’attacco del «Gloria» “in tre” anziché “in uno”: la loro Messa durava 15 minuti buoni in più di quella diretta da Marcon, caricandosi di ieratica pesantezza, mentre è stata in tutto e per tutto una levità diffusa la cifra dell’esecuzione propostaci a Ferrara. 

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