La folle in musica 

All’Opéra royal de Versailles arriva La finta pazza di Antonio Sacrati in un recente allestimento dell’Opéra de Dijon 

La finta pazza 
La finta pazza 
Recensione
classica
Versailles, Opéra royal,
La finta pazza 
16 Marzo 2019 - 17 Marzo 2019

La finta pazza è un’opera straordinaria per diversi motivi. Uno fra tutti è quello di essere stata la prima opera mai data alla corte di Francia nel 1645, quando il Re sole era ancora un bambino sotto la tutela del Cardinale Mazarin. Fatto che giustifica un certo orgoglio di bandiera per questo primo allestimento in tempi moderni sulle scene francesi prodotto nello scorso febbraio dall’Opéra di Dijon e approdato per due repliche all’Opéra Royal de Versailles. Ritenuta a lungo perduta, si deve a Lorenzo Bianconi il ritrovamento nel 1985 di una delle partiture più rilevanti per lo sviluppo del dramma musicale europeo. A Venezia, dove l’opera nacque nel 1641, toccò l’onore di riportare in scena il lavoro di Sacrati, nel luglio del 1987, grazie alla cura musicale di Alan Curtis e a quella “archeoscenica” di Marise Flach con la complicità dello scenografo e costumista Pasquale Grossi ispirata ai bozzetti di Giacomo Torelli per la ripresa parigina (quelli per le celebrate scene veneziane dello stesso Torelli sono andati perduti). 

Dei mirabolanti effetti scenici ai quali si dovette molto del successo a Venezia prima e a Parigi poco dopo non c’è molto nello spettacolo firmato dal regista Jean-Yves Ruf, che si ispira piuttosto alla disinvolta corporeità della commedia dell’arte. Come i bei costumi di foggia secentesca di Claudia Jenatsch, anche le scene di Laure Pichat evocano una sapienza teatrale antica: sono leggere come il gioco di sipari e l’essenziale attrezzeria, ma capaci di costruire scorci suggestivi per i numerosi ambienti di Sciro, l’isola dove Tetide nasconde il figlio Achille in abiti femminili per sottrarlo, vanamente, alla spedizione greca a Troia. Ulisse e Diomede sono sulle sue tracce e hanno gioco facile a stanarlo vellicandone lo spirito bellico e sottraendolo all’amore di Deidamia, che si finge pazza per riconquistarlo a sé. Limitando all’essenziale gli effetti (gli dei che volano leggeri sulla scena), Ruf costruisce un’azione corale che ha la sua forza in una grande fluidità di movimenti e in una notevole cura attorale, una delle due componenti fondamentali del recitar cantando. 

L’altra ovviamente è il canto, che nella partitura di Sacrati ha una varietà davvero sorprendente anche per gli standard dell’epoca. Questa Finta pazza non ha gli immaginifici scarti narrativi di Cavalli forse ma non è da meno sul piano della licenziosità e delle preziose gemme musicali, come quella scena di pazzia di Deidamia, che sovverte tutte le regole compositive canoniche e diventerà modello per tutte le follie musicali a venire. La pazza sulla scena di Versailles è Mariana Flores, assolutamente all’altezza dei virtuosismi richiesti da Sacrati ad Anna Renzi, che creò il ruolo, per la plastica qualità del mezzo vocale e anche per il notevole impegno fisico a servizio del ruolo. Purtroppo indisposto, il controtenore Filippo Mineccia fa cantare di petto il suo Achille ma la tessitura bassa fatalmente smorza quella fluidità sessuale, che dà pepe al personaggio, espressivamente alquanto impoverito. Stilisticamente impeccabile e ben disegnato il Diomede di Valerio Contado, mentre l’Ulisse di Gabriel Jublin manca di forza. Irresistibili Marcel Beekman e Kacper Szelążek nei due ruoli comici della Nutrice e dell’Eunuco, più misurato Salvo Vitale come Capitano e poco penetrante Alejandro Meerapfel come Licomede. Fra i divini, poco più che comparse nel dramma, si distinguono soprattutto la Tetide ricca di pathos di Fiona McGown e la Giunone di Julie Roset

Assolutamente formidabile l’apporto della Cappella Mediterranea diretta da Leonardo García Alarcon. L’attenzione e la sintonia con ogni respiro della scena è sorprendente così come la libertà di invenzione che arricchisce la già ricca tavolozza di Sacrati di autentiche “jam session” barocchiste ossia di variazioni anacronistiche ben intonate al motivo della follia e non solo. 

Un vero piacere per l’occhio e per l’ascolto ripagato da calorosi applausi da parte del folto pubblico presente nella sontuosa sala d’opera della reggia di Versailles.  

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