La dama di picche in camicia di forza

Interpreti eccezionali riscattano una Dama di picche, discutibile per le scelte del regista Lev Dodin. Eppure, è un trionfo grazie a Vladimir Galouzine, Hasmik Papian e Ludovic Tézier.

Recensione
classica
Opera Bastille Parigi
Pëtr Ilic Cajkovskij
03 Giugno 2005
Questa produzione de La dama di picche di Bastille lo conferma. Si può essere perseguitati per circa tre ore e mezza da un vago senso di fastidio, pur convinti di essere di fronte ad un bellissimo spettacolo, musicalmente avvincente. Le ragioni del fastidio sono duplici. Innanzi tutto, l'opera di Chaikovski è fortemente rimaneggiata. Vi han messo le mani il regista Lev Dodin con l'ausilio di Vladimir Jurovski, trasformandola sensibilmente: nel secondo atto, non arriva l'imperatrice Caterina II, ma la contessa; l'intermezzo sempre del II atto è cantato da Hermann, Lisa e dalla contessa: l'idea è interessante, ma tali grandi voci drammatiche si ritrovano ad essere accompagnate da un modesto effettivo strumentale. Inoltre, si è perennemente disturbati dalla regia. Dodin, tanto nel testo quanto nell'azione, sposta tutto in un ricovero psichiatrico. Hermann vi è sin dall'inizio. E il suo letto – desolante, di ferro, tipico degli ospedali – campeggia sulla scena ininterrottamente. Certo, l'ossessione di Hermann per il gioco può essere considerata una forma di psicosi, ma l'idea non è nuova e potrebbe essere ripescata per la quasi totalità degli eroi e delle eroine del melodramma ottocentesco. Soprattutto, gli interventi sul testo e le scelte registiche non solo non apportano nulla alla comprensione dell'opera, ma anzi ne impediscono la comprensione: per seguire la produzione di Bastille, bisognava conoscere bene La dama di picche, quella originale. Eppure, si diceva, lo spettacolo si è rivelato memorabile. Chi ha compiuto il miracolo? Non certo il direttore, Gennai Rozhdestvensky, ordinario, a tratti confuso e in grande imbarazzo a tenere insieme orchestra e coro. È stata la troupe a riscattare l'opera. Vladimir Galouzine (Hermann) è stato semplicemente superbo. Hasmik Papian (Lisa) si è distinta per un'elegante potenza e Ludovic Tézier (Il principe Eletski) per un'estrema sensualità. Per altro, non finisce mai di sorprendere Tézier a suo perfetto agio in ogni genere lirico. Va reso il giusto merito alle scelte delle luci (Jean Kalman) calde e allusive dei toni nordici; pure convincenti sono parse le scene (David Borovski).

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