Kaufmann il viennese a Bruxelles

Lunghi appalusi per il tenore che canta Vienna

Jonas Kaufmann (Foto Gregor Hohenberg/Sony Classical)
Jonas Kaufmann (Foto Gregor Hohenberg/Sony Classical)
Recensione
classica
Bozar di Bruxelles
Jonas Kaufmann
26 Gennaio 2020

Si porta spesso la mano alla gola come per trattenere dei colpi di tosse, sopratutto nella prima parte del concerto, ma è li e, anche se non in piena forma, non ha disdetto e deluso i suoi fans, come era appena già succeso di nuovo da pochi giorni, il 18 gennaio scorso, con la cancellazione della tappa di Norimberga. Il concerto al Bozar di Bruxelles del tour mondiale di Jonas Kaufmann di presentazione del suo ultimo disco dedicato alla “sua” Vienna (Wien, edito da Sony Classical e registrato con la Filarmonica di Vienna diretta da Adam Fischer) sarà infine un vero successo, con lunghissimi applausi che lo porteranno a concedere ben quattro altri piccoli brani fuori programma come bis. Se, come si sa, Kaufmann è tedesco, nato a Monaco, sua madre sin da piccolo gli ha trasmesso  il gusto per le operette viennesi, e Jonas ne canterà molte all’inizio della sua carriera. Un disco, ed un concerto, che per il tenore sono una sorta di omaggio alle sue origini musicali, con un repertorio perfetto oggi per la sua voce e l’affinata capacità interpretativa, carica di sfumature ed ironia.  Al suo fianco a Bruxelles il soprano tedesco Rachel Willis-Sørensen e l’Orchestra filarmonica di Praga sotto la bacchetta di Jochen Rieder, la prima davvero una bella voce che sovrasta Kaufmann nel primo tempo per capacità tecniche, la seconda diretta a tratti con un po’ troppo d’enfasi e vivacità, ma al pubblico in sala non sembra dispiacere essere travolto e lasciarsi trascinare in assai veloci valzer e polke da fanfara. La prima parte del programma è tutto dedicato a famosi brani di Johann Strauss, Kaufmann introduce il concerto con poche parole, interrompendosi, non è rilassato, tossisce, ma subito si nota che il timbro è quello giusto per questo repertorio, la sua voce affascina, è matura e sorniona, fa trapelare tutto l’amore di Kaufmann per una Vienna al suo massimo splendore, scintillante ma già un po’ decadentee, e gli si perdona che quasi sistematicamente la tessitura si assottiglia troppo nel prendere le note più alte. Ma entra in scena il soprano e Kaufmann sembra subito molto più a suo agio, canta meglio, l’interpretazione a due lo diverte e rilassa, non porta tanto più spesso la mano alla gola, come se intrepretare un personaggio non più da solo gli faccia dimenticare se stesso e tutte le sue preoccupazioni. Splendida, in particolare, la Willis-Sørensen nell’aria di Rosalinde “Klänge der Heimat” da Il Pipistrello, in cui da prova di virtusosimo e esplosiva vitalità. La seconda parte del concerto è invece dedicata alla Vienna di compositori posteriori quali Franz Léhar, Robert Stolz, Emmerich Kálmán e Rudolf Sieczynski, ed entrambi in cantanti si presentano in scena con abiti  moderni, Kaufmann in giacca e cravatta. Tecnicamante qui le parti s’invertono, lei mostra qualche sbavatura, lui canta sempre meglio, sfoderando tutta la sua innata musicalità e fluidità, con brani più intimi che interpreta in modo incantevole con il viso e le movenze anche come splendido attore, si trasforma nel mattatore indiscusso della serata. L’atmosfera è un po’ da cabaret, dal gusto retrò, raffinata ed insieme ironica e malinconica. Il concerto si conclude con Kaufmann che canta con quella vera e propria dichiarazione d’amore a Vienna  che è “Wien, du Stadt meiner Träume” (Vienna, città dei miei sogni) del 1914 di Sieczynski, finale entusiasmante, cui seguirà la piccola cascata di bis già detta.

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