Irresistibile Vengerov

Napoli: quattro bis per il violinista

Recensione
classica
Teatro San Carlo Napoli
28 Aprile 2016
Ci sono due tipi di richiamo sui quali, fondamentalmente, una stagione sinfonica può far leva per rendere entusiasta il pubblico, farlo accorrere ai botteghini e dichiarare presto il sold out: il nome di grandi interpreti, un programma accattivante e imperdibile. Ancor meglio se il programma è così versatile da assecondare tutti i gusti. Se poi l’interprete è Maxim Vengerov, accompagnato dal pianista russo Roustem Saïtkoulov, è il massimo. Il violinista russo torna attesissimo sul palco del San Carlo di Napoli, con data unica, dopo dodici anni, e porta con sé Schubert, Beethoven, Ravel, Ernst e l’immancabile Paganini, oltre al suo prezioso ex Kreutzer Stradivari del 1727, o quanto ne rimane di originale. Non ci sono limiti di linguaggio, tra lui e il violino tutto accade come naturale svolgimento, come fluido scorrere del discorso, glissandi, cromatismi sono acqua al di là di una filologica interpretazione, dell'agogica - la musica è sempre declamata nella sua interezza melodica, ritmica e sonora. Questo è Vengerov, il resto che segue è cronaca della serata. Uno Schubert appena ventenne quello del Gran Duo in La Maggiore, op. post. 162, D 574. Esordisce il pianoforte in un Allegro moderato, quasi spensierato Saïtkoulov, che dopo poche battute ispira una cantabile melodia del violino: di lirismo soave Vengerov. Musica delicata quella dell’Andantino, intima l’interpretazione, e, anche se per lo Scherzo, giovane e scattante, e l’Allegro vivace finale Schubert affida al violino un moderato e fresco virtuosismo, il carattere ameno mantiene il sopravvento nella Sonata. Si entra nel vivo del concerto con Beethoven, con il do minore della Sonata n. 7, op. 30 n. 2. Altre pagine, altra forza drammatica. Dopo un Allegro con brio carico di tormento, notevoli le vigorose arcate negli sforzando e particolari le frasi all’unisono, segue l’Adagio cantabile, di inaspettata bellezza, e Vengerov sembra rapito, beato. Spostamenti d’accento caratterizzano lo Scherzo, mentre nel Finale allegro, che ricorda temi e atmosfere del Presto agitato dalla Sonata "Al Chiaro di Luna", un continuo rincorrersi tra pianoforte, che tiene testa, e violino, con sovrapposizioni melodiche, scale incalzanti e staccati incedono fino alla fine strappando il grande applauso. Venti minuti d’intervallo tra il primo e il secondo tempo per rendersi conto che c’è ben poco da commentare e tutto è da godersi. La Sonata n. 2 in Sol Maggiore di Ravel apre la seconda parte del concerto. Magnetico l’Allegretto, pieno e caldo il suono del violino. Ma il pubblico è catturato all’unanimità con Blues, il secondo movimento della sonata: rimbalza l’archetto sulle corde, ma solo quando il pianoforte inizia a dettare il ritmo entra il blues ed è un blues tutto francese. Un Perpetuum mobile da fiato sospeso chiude la Sonata e da questo momento il pianoforte scompare, non tanto perché l’Ètude n. 6 sopra il canto popolare irlandese “The Last Rose of Summer” di Ernst è per violino solo, quanto per il fatto che, anche quando il pianoforte torna per Paganini, Cantabile op. 17 e I Palpiti op. 13, si fonde con il violino e riempie di armonia il suono di Vengerov. Platea e palchi traboccano di violinisti e appassionati, giovani e meno giovani catalizzati fino al quarto bis – Vengerov non si fa pregare: Caprice Viennois e Tambourin Chinois di Kreisler, che molti ricordavano in programma in un suo concerto a Napoli nel 2002, Danza Ungherese n. 2 di Brahms e una Méditation de Thaïs di Massenet che anche noi ricorderemo a lungo.

Interpreti: Maxim Vengerov violino, Roustem Saïtkoulov pianoforte

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