Indagando le frontiere della musica
Un resoconto del lungo cartellone del ParmaJazz Frontiere Festival, 28a edizione
Distribuita nell’ampio arco temporale tracciato lungo circa due mesi, si è svolta tra settembre e novembre scorsi la 28a edizione del ParmaJazz Frontiere Festival, longeva manifestazione musicale che il direttore artistico Roberto Bonati ha voluto declinare quest’anno lungo la direttrice programmatica rappresentata dal tema “Movimenti, in piano sequenza”.
Un’inclinazione, al tempo stesso, ampia e fluida, che ha accompagnato lo sguardo e l’ascolto di un pubblico variegato – e, in media, significativamente numeroso – lungo una serie di tappe anche molto differenti tra loro, a riprova della vivace varietà di prospettive espressive raccolte in questo originale cartellone 2023.
Per passare in rassegna i diversi appuntamenti che abbiamo seguito tra quelli in programma partiamo dalla serata inaugurale (30 settembre) che ha visto protagonista la Jazz’on Parma Orchestra guidata da Beppe Di Benedetto, giovane compagine locale che, di fronte a un pubblico che ha esaurito i posti disponibili presso il suggestivo Teatro Farnese, ha proposto con bell’impegno un percorso di ascolto sostanzialmente basato sui brani raccolti in Sound Landscapes, primo lavoro discografico realizzato da questo ensemble pubblicato alla fine dello scorso anno. Composizioni dall’immediata cifra comunicativa come, tra gli altri, “Impressionism”, “Dada-Up” o ancora “My Bright Place”, tutti brani firmati dallo stesso Di Benedetto che hanno ben restituito la cifra compatta e dinamica espressa da questa formazione.
Una prospettiva completamente diversa ha caratterizzato invece l’appuntamento successivo (7 ottobre), che ha visto il sassofonista e compositore scozzese Tommy Smith offrire, di fronte al pubblico che ha riempito lo spazio dei Voltoni del Guazzatoio del Complesso monumentale della Pilotta, il suo progetto solista Spaces and Places. Un percorso, quello proposto da Smith, che ha attraversato epoche e stili differenti, ora rievocando fugacemente standard jazz come “’Round Midnight” di Monk, ora accennando a classici di Broadway come “Summertime” di Gershwin, confermando la sua poliedrica personalità capace di attraversare con naturalezza repertorio classico, jazz e contemporaneo.
La dimensione solistica è stata al centro anche del concerto della giovane trombettista norvegese Hilde Marie Holsen (8 ottobre) che ha proposto al pubblico raccolto all’Ape Parma Museo un’intensa ora di musica ispirata a Edicara, suo recente progetto discografico, nell’ambito dell’ormai tradizionale oasi denominata “Una stanza per Caterina”. Un percorso di ascolto nel quale reiterati pattern elettronici venivano intrecciati al suono della sua tromba, ora proposto in declinazione più melodica ora come materia sonora dalla quale estrarre varianti rielaborate in live electronics e sovrapposte in loop.
Altro cambio di prospettiva con il trio NRG Bridges, ensemble di ance composto dai due fratelli Adalberto ed Andrea Ferrari – attivi anche con il duo Novotono – e Gianluigi Trovesi, protagonisti di un appuntamento ospitato presso la Casa della Musica (13 ottobre) e che ha rievocato le coinvolgenti atmosfere raccolte nel lavoro discografico titolato Intertwined Roots e pubblicato dall’etichetta Parco della Musica nel 2021. Dialoghi dinamici e coinvolgenti, quelli intrecciati dai tre musicisti, espressione di un giuoco divertente, divertito e palesemente affiatato ben espresso da brani quali, tra gli altri, “Melodie per un burattino di legno”, “Di piccole cose” o “Adagietto bergomasco”.
Il concerto successivo (15 ottobre) ha visto invece il ritorno alla dimensione orchestrale con l’esibizione della Chironomic Orchestra guidata dal direttore artistico di ParmaJazz Frontiere Roberto Bonati. Negli spazi dell’Abbazia di Valserena, sede dello CSAC, è quindi risuonata la miscela di flussi timbrici che hanno preso forma nel corso del concerto titolato “L’incanto del suono”, una sorta di corrente sonora generata dagli iniziali sussurri timbrici e dispiegata in curve espressive che ora si comprimevano in dense campate strumentali, ora si rapprendevano in cellule ritmico-motiviche reiterate, ora ancora si manifestavano in rapide sequenze di note sparpagliate in direzioni differenti. Un mondo sonoro il cui fascino è stato generato dal flusso improvvisativo restituito con bell’affiatamento dalla compagine strumentale impegnata.
Ancora una differente prospettiva orchestrale ha connotato il ritorno del festival al Teatro Farnese (21 ottobre) per la produzione originale rappresentata da Quel principio è l’acqua, nuova composizione dedicata alla ParmaFrontiere Orchestra nella quale Roberto Bonati si è confrontato con un tema che ha attraversato come un fiume carsico l’intera storia della musica: dal Settecento della Water Music di Georg Friedrich Händel, fino ad arrivare a un Novecento che ha visto, tra le altre espressioni, la performance di John Cage titolata Water Walk – presentata nel 1959 in Italia al quiz “Lascia o raddoppia?” – la composizione di Ennio Morricone Vidi Aquam Id Est Benacum (1994) e il lavoro di Tan Dun titolato Water Concerto for Water Percussion and Orchestra (1998). Al di là dei rimandi più o meno (cronologicamente e stilisticamente) coerenti, in merito a questa nuova composizione lo stesso Bonati ha annotato come «tante sono le declinazioni di un elemento fondamentale per la nostra stessa vita e, oggi più che mai, il problema della mancanza di acqua, e della speculazione sull’acqua, unito alle sue improvvise e terribili esplosioni, si pone con urgenza […]. Il legame tra musica e acqua risulta particolarmente importante se indaghiamo sull’origine della parola “musica”. […] secondo alcuni autori medievali, attraverso un equivoco etimologico – per me incantatore – nato da un malinteso sul nome Moyses (salvato dalle acque), il termine “musica” “trae il nome da moys, che significa acqua, e da -ycos, che significa scienza, perché fu trovata presso le acque”». Una prospettiva densa e seducente, proiettata sulla partitura attraverso una successione di eventi sonori giustapposti in una sorta di sequenza ordinata di pannelli espressivi nei quali si innestavano di tanto in tanto contenuti tratti dai testi di Talete e di altri autori, il tutto animato con attenta misura sia da raffinate combinazioni timbriche sia da pregnanti sprazzi improvvisativi.
Passando alla parte del cartellone di ParmaJazz Frontiere 2023 relativo al mese di novembre, abbiamo seguito il bel concerto tenuto alla Casa della Musica (5 novembre) da Norma Winstone e Glauco Venier dove, di fronte al pubblico rapito dalla classe di un’artista la cui età creativa trascende l’età anagrafica, la cantante britannica ha proposto un intenso programma nel quale ha attraversato alcune delle tappe più significative della sua fulgida carriera. Un programma aperto dall’elegante rievocazione della cifra cantautorale del Nick Drake di “Time Of No Reply”, brano tratto dal disco del 2014 Dance Without Answer, dove sono presenti altri pezzi proposti in questa occasione quali "Live To Tell" di Madonna o “Everybody's Talkin'”, celebre ballata pubblicata nel 1966 dal cantautore di Cleveland Fred Neil. Un viaggio che ha indagato con generosità diversi repertori, comprendendo ancora brani quali, tra gli altri, "Among The Clouds" incluso nell’album Stories Yet To Tell del 2010, o "Descansado", omaggio ad Armando Trovajoli tratto all’omonimo disco Descansado – Songs for Film del 2018.
Ancora uno scarto di prospettiva ci ha riportati ai Voltoni del Guazzatoio del Complesso monumentale della Pilotta per l’appuntamento (11 novembre) che ha visto impegnate Benedicte Maurseth (hardanger fiddle) e Sarah Jane Summers (violino), protagoniste di un suggestivo viaggio musicale nel quale le tradizioni folk tra Scozia e Norvegia sono state decantate attraverso intrecci strumentali ora affilati e tesi, ora più dilatati. Un percorso circolare – come la disposizione del pubblico distribuito nello spazio attorno alle due artiste – assecondato e sottolineato dai misurati innesti di luci e proiezioni curati dalla light designer Randiane Sandboe. Rituali scambi ritmici, bordoni riflessivamente espressivi e ideali battimenti timbrici hanno così connotato una serata decisamente riuscita.
L’ultimo appuntamento (22 – 25 novembre) rappresentato da Crine_Ermengarda oratorio, nuova produzione realizzata in collaborazione con il festival Natura Dèi Teatri di Lenz – e della quale abbiamo reso conto altrove – ha chiuso con un ulteriore e originale scarto espressivo una 28a edizione del ParmaJazz Frontiere Festival che ha saputo ribadire la propria originale proposta artistica, raccogliendo al contempo un significativo successo di pubblico.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Il Bobo Stenson Trio ha inaugurato con successo la XXIX edizione del festival ParmaJazz Frontiere
Si chiude la stagione di Lupo 340 al Lido di Savio di Ravenna, in attesa di Area Sismica
Reportage-check up annuale da Saalfelden sullo stato dell'arte del jazz