Il suono sontuoso di Abbado

Un esemplare "Fidelio" in forma semiscenica inaugura il Festival di Lucerna

Claudio Abbado (foto Georg Anderhub)
Claudio Abbado (foto Georg Anderhub)
Recensione
classica
Luzern Festival
Beethoven
12 Agosto 2010
Abbado non cessa mai di stupire. Il suo "Fidelio" in forma semi-stage, che ieri ha inaugurato il Festival di Lucerna, grazie alla povertà della scena ha svelato una inedita richezza drammaturgica in partitura, offrendo tensioni, ruvidezze, slanci mai uditi. Esempio eclatante il coro dei prigionieri, che sembra durare più a lungo del consueto, tanto è generoso di sorprese. Dal canto sussurrato ai pianissimi strumentali, alla pienezza di un suono sontuoso. Oltre all'orchestra esemplare (la Mahler Chamber stavolta in aggiunta alla Lucerne Festival), a tener man forte al direttore è stato un cast di primissimo ordine. Difficile immaginare un insieme di voci di questo livello, dalla Leonore di Nina Stemme alla Marzelline di Rachel Harnish, dal Pizarro di Falk Struckmann (esemplare la sua perfidia) al Rocco di Christof Fischesser. A loro si unisce il Florestano di Jonas Kaufmann, la cui aria del secondo atto fa venire i brividi per intensità. La regia semi stage è firmata dalla berlinese Tatjana Gurbaca, che ha ideato due fasce orizzontali di colore. In quella bassa un arancione caldo avvolge l'orchestra, dove sono anche disseminati dei lumini (gli unici a rimanere accesi negli stacchi di buio), in quella superiore dominano il grigio e il bianco. È qui che si svolge l'azione, fra i pastrani appesi dei detenuti che servono anche a mascherare i leggii per i cantanti. I quali si spostano di continuo, ma con estrema economia gestuale. Immersi nel chiarore, danno quasi l'illusione di apparizioni fantasmatiche. Su tutto questo sovrasta una enorme sfera di plastica, sulla quale talvolta vengono proiettate immagini: il pianeta Terra, una candela, un occhio umano. Alla fine sprigiona una luce gelida, intensa, poco solare, quasi abbagliante. La simbologia non è diretta e alla fine la sfera risulta un orpello ingombrante, che stona con l'equilibrio della realizzazione scenica. L'impressione generale che se ne ricava a fine serata, sicuramente da elencare fra i grandi exploit di Abbado, è di aver assistito a un intenso oratorio laico (di questi tempi quasi un miracolo). Il pubblico ha risposto con il calore delle grandi occasioni. Più di un quarto d'ora di applausi con standing ovation e un'insistita richiesta che al termine il direttore si ripresentasse da solo a godersi la festa.

Orchestra: Mahler Chamber Orchestra, LUCERNE FESTIVAL ORCHESTRA

Direttore: Claudio Abbado

Coro: Arnold Schoenberg Chor

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Non una sorta di bambino prodigio ma un direttore d’orchestra già maturo, che sa quello che vuole e come ottenerlo

classica

Napoli: per il Maggio della Musica

classica

Nuova opera sul dramma dell’emigrazione