Il sogno di Cassandra

La Wilson al Blue Note di New York

Recensione
jazz
“The Man I Love”, in fondo, è un sogno a occhi aperti. È il principe azzurro, forte e sorridente, che arriverà presto – magari un martedì qualunque – e si farà riconoscere subito, senza dire una parola. L’hanno cantato in tante, qualcuna l’ha anche aspettato per davvero.

Cassandra Wilson, nel suo concerto al Blue Note, fa qualcosa di più che cantarlo: lo sogna davanti al pubblico. Dentro c’è quel soffio corposo e leggero di cui è fatta la sua voce, e tutt’intorno c’è l’armonica di Grégoire Maret, musicista svizzero che ha impreziosito l’intero live della cantante del Mississippi. I bassi profondi e morbidi della Wilson e il suono caldo e brillante dell’armonica sono il tessuto soffice su cui questo sogno si adagia e cresce, su poche note, perché i sogni non hanno poi bisogno di tante cose.

I concerti sì, invece, e così si passa da una rapidissima “Seven Steps to Heaven” a una “Skylark” rarefatta e vellutata, da una gioiosa “O Sole Mio” al samba di "Almost Twelve". Attenta a ogni guizzo dei suoi musicisti – John Cowherd (piano), Brandon Ross (chitarra), Lonnie Plaxico (contrabbasso) e John Davis (batteria) – Cassandra Wilson sembra divertirsi parecchio. Se l’inizio del concerto, con “The Secret Life of Plants”, è stato insieme una finestra sul talento cristallino di Maret e un tributo a Stevie Wonder (a cui spesso è paragonato), il finale è un crescendo vorticoso su “Death Letter”, dove la parte del leone spetta a uno scambio accesissimo fra batteria e armonica.

Resta giusto un momento per festeggiare il compleanno della Wilson, che si è vista recapitare sul palco una mini torta con candelina. Lei, allegramente, ha chiuso gli occhi per esprimere un desiderio e ha soffiato. In fin dei conti, anche i grandi sognano ancora. Per fortuna.

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