Il sogno danzante di Orfeo

È un bel finale per il cartellone 2003 del San Carlo, l'"Orfeo e Euridice" ripensato da Karole Armitage, enfant-terrible della danza contemporanea. Riscattata dal suo abituale ruolo ancillare – malinteso elemento decorativo che il più delle volte si trasforma in un corpo estraneo rispetto all'azione scenica - la coreografia diventa chiave di volta dello spettacolo e la drammaturgia riformata di Gluck e Calzabigi si trova ad essere rivitalizzata da una messa in scena che si proietta in una dimensione intensamente simbolica.

Recensione
classica
Teatro di San Carlo Napoli
Christoph Willibald Gluck
29 Ottobre 2003
È un bel finale per il cartellone 2003 del San Carlo, l'"Orfeo e Euridice" ripensato da Karole Armitage, enfant-terrible della danza contemporanea. Riscattata dal suo abituale ruolo ancillare – malinteso elemento decorativo che il più delle volte si trasforma in un corpo estraneo rispetto all'azione scenica - la coreografia diventa chiave di volta dello spettacolo e la drammaturgia riformata di Gluck e Calzabigi si trova ad essere rivitalizzata da una messa in scena che si proietta in una dimensione intensamente simbolica. Il viaggio di Orfeo diventa, secondo le intenzioni dichiarate della coreografa-regista, percorso onirico, ricerca interiore: evitando accuratamente le tentazioni offerte da partiti interpretativi di tipo filologico, voltando le spalle ad ogni connotazione realistica, la "festa teatrale" gluckiana si snoda in grandi spazi, svuotati di qualsiasi oggetto, lasciati al dominio assoluto dei corpi e dei colori. Brice Marden, maestro dell'arte astratta voluto dalla Armitage, disegna quattro enormi tele, fondali che traducono in forme pure le atmosfere fondamentali del dramma; Peter Speliopoulos concepisce costumi belli ed essenziali, omogenei nelle forme ma differenziati con scelte cromatiche in assoluto accordo con le scenografie. Sulla ribalta vediamo muoversi, con gesti carichi di significati, i tre personaggi accompagnati dalle proprie ombre danzanti; dal vuoto al pieno, la scena di tanto in tanto si popola di pastori e ninfe, furie e spettri, eroi ed eroine: più di cento persone festeggiano il Trionfo d'Amore che chiude l'opera. Davanti ai nostri occhi si squadernano gesti della tradizione figurativa classicista, pose canoviane, movenze del teatro giapponese; i ballerini disegnano linee immaginarie che sono un efficace equivalente visivo della "bella semplicità" cercata da Gluck, linee ora rette ora curve, che accostano danza classica e geometrie alla Merce Cunningham. Elena Cassian, voce piccola ma di grande bellezza timbrica, dà corpo a Orfeo con piena immedesimazione espressiva; accanto a lei figura bene soprattutto Danielle De Niese, che dà persino una buona prova di danza nel ruolo di Amore; bella voce, anche se a tratti un po' incerta, quella dell'Euridice di Anna Laura Longo. Julian Kovatchev mantiene l'esecuzione su binari di notevole asciuttezza espressiva, staccando tempi piuttosto lenti ( e in verità non sempre assecondato a dovere dall'orchestra). Nell'insieme è uno spettacolo incisivo, in cui gli elementi sono tutti fusi armoniosamente, fornendo un'eccellente declinazione dell'idea di teatro totale concepita de Gluck e Calzabigi. La risposta del pubblico è giustamente calorosa e partecipe.

Note: Nuovo allestimento

Interpreti: Elena Cassian, Orfeo; Anna Laura Longo, Euridice; Danielle de Niese, Amore; Orfeo ballerino, Edmondo Tucci / Domenico Luciano; Euridice ballerina, Alessandra Veronetti / Roberta de Intiniis; La Bellezza, Giovanna Spalice / Cristina Saso; Partner della Bellezza, Alessandro Macario; Coppia delle Furie, Roberta De Intiniis / Corona Paone; Francesco Volpe / Luigi Ferrone; La Furia, Gianluca Nunziata / Andrea Scuderi

Regia: Karole Armitage; drammaturgia Stefano Paba

Scene: Brice Marden

Costumi: Peter Speliopoulos

Coreografo: Karole Armitage

Orchestra: Orchestra del Teatro San Carlo

Direttore: Julian Kovatchev

Coro: Coro del Teatro San Carlo

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