Il Medio Evo contemporaneo di Honegger

Straordinario allestimento di Giovanna d’Arco al rogo di Arthur Honegger al teatro Real di Madrid

"Giovanna d’Arco al rogo" (foto Javier del Real - Teatro Real)
"Giovanna d’Arco al rogo" (foto Javier del Real - Teatro Real)
Recensione
classica
Madrid, Teatro Real
Giovanna d’Arco al rogo
07 Giugno 2022 - 17 Giugno 2022

Uno straordinario allestimento di Giovanna d’Arco al rogo di Arthur Honegger è andato in scena al teatro Real di Madrid. Hanno contribuito a determinarne l’efficacia ed il forte impatto la coinvolgente interpretazione dell’attrice francese Marion Cotillard, la magistrale resa del coro del Teatro Real, diretto da Andrés Maspero, e dei Pequeños cantores de la Jorcam e una forte caratterizzazione dell’impianto registico di Àlex Ollé (dello staff de la Fura del Baus), che ha puntato tutto su lettura a tinte forti della ricostruzione del processo che condannò al rogo la pulzella d’Orleans. Un’impostazione che ha enfatizzato i caratteri di un’umanità degradata ai massimi livelli, sudicia e crudele, propria di una realtà urbana contemporanea regredita nell’abisso di una sorta di ritorno al Medio Evo.

Dal punto di vista scenografico, un piano trasparente, che separa in due la visione della scena, ha la funzione di separare due mondi nettamente separati: nella parte inferiore, questa realtà caotica, che appartiene del mondo terreno, sopra, il mondo celestiale in cui faranno la loro comparsa Santa Margherita, Santa Caterina e la Vergine, mentre Giovanna d’Arco si muoverà tra i due livelli, trasportata da una carrucola semovente, lungo la trave alla quale è incatenata e su cui verrà arsa viva.

La scelta di porre la Damoiselle elue di Debussy, come prologo al lavoro di Honegger, può avere avuto la funzione di aprire con un ‘colore’ particolare, anche per presentare questa scenografia con le due distinte dimensioni, quella terrena e quella celeste, in cui si collocano rispettivamente la narratrice e la Damoiselle del poema di Rossetti; d’altro canto ci è parsa un’operazione superflua e un po’ ridondante, con l’opera di Debussy che ne esce un po’ mortificata come veicolo per un’introduzione di un mondo estetico completamente distinto.

L’umanità che nel testo di Claudel prende le sembianze del mondo animale, con le sue pecore, asini e maiali, nella conduzione di Ollé trascende i suoi caratteri più degenerati: è un’umanità lercia, stracciona e scomposta, nessun personaggio, a parte Giovanna e Padre Domenico, ha un abito pulito e intatto; molti, in maniera vistosa e oscena, lasciano intravedere protesi di peni con una evidente ostentazione di squallida sciatteria. I bimbi del coro sono inquietanti caricature di soldatini ben addestrati, la folla è un’orda ululante di hooligans, in maniera tale da fare spiccare, per la sua semplicità e purezza, personaggio di Giovanna. La denuncia di una deriva culturale e sociale di una realtà, quella contemporanea che nelle parole dello stesso regista si presenta come dominata da “forze irrazionali, fanatismi populisti, movimenti reazionari, pieni di odio”.

Marion Cotillard interpreta questo ruolo con straordinaria ricchezza di accenti drammatici, sapendo perfettamente inserirsi nel respiro e nel tempo musicale, sia nei monologhi supportati dall’orchestra, sia nei dialoghi con gli altri personaggi: mirabile l’insieme e la tensione espressiva nella scena che prelude alla conclusione, in cui la protagonista dialoga con il canto delle due sante, incalzata dal coro, in un crescendo emotivo e sonoro, fino alla celebrazione esplosiva della forza della parola “Amore”.

Ineccepibile la conduzione del direttore musicale Juanjo Mena, sia nei delicati colori della Damoiselle debussiana, che nelle variegate tavolozze timbriche e stilistiche della partitura di Honegger, con le sue sonorità di un’orchestra che include sassofoni e Onde Martenot, e accenti stilistici che includono aspetti del jazz, del cabaret, di antiche monodie gregoriane, massicci clangori orchestrali, vuoi atonali, vuoi modali, che possono ricordare pagine di uno Stravinskij o di un Orff.

Ottime le prestazioni vocali e attorali di tutto il cast: da segnalare Enkelejda Shkosa, narratrice nell’opera di Debussy e Caterina in Jeanne d’Arc, Elena Copons nel doppio ruolo di Margherita e soprano solita, la preziosa vocalità di Camille Tilling nel ruolo della Damoiselle, Sylvia Schwarz nella parte della vergine, così l'irridente ed estroverso Charles Workman nel ruolo del gran villain di questa piece: il giudice Porcus.

Successo pieno con calorosi consensi soprattutto nei confronti della Cotillard.

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