I fantasmi di Britten

Il giro di vite alla Monnaie

The Turn of the Screw
The Turn of the Screw
Recensione
classica
Monnaie di Bruxelles
The Turn of the Screw
30 Aprile 2021 - 06 Maggio 2021

Un’allestimento elegante ed efficace per la nuova produzione della Monnaie di “The Turn of the Screw” (Il giro di vite), l’ultima opera da camera di Benjamin Britten creata nel 1954 basandosi sul racconto omonimo di Henry James e presentata in prima mondiale alla Fenice di Venezia lo stesso anno nell’ambito della Biennale. La regista tedesca Andrea Breth, insieme allo scenografo austriaco Raimund Orfeo Voigt, ci trasportano in un ambiente cupo e già di per sé pauroso, caratterizzato da grandi porte e armadi che contengono gli orrori, anche solo della mente. Una scelta che, unica piccola perplessità iniziale, fa perdere un po’ il contrasto narrato tra la bellezza dei luoghi e le tenebre delle paure angoscianti che piano piano si impossessano innanzitutto della giovane istitutrice, il soprano inglese Sally Matthews, bravissima sia nell’interpretazione attoriale che vocale, sempre “aggrappata” alla sua borsetta nera, anche se le sue certezze iniziali vacillano sempre più, senso di disagio e sottile terrore che si impadroniscono poi anche dell’ascoltatore. La regia gioca giustamente sull’ambiguità, confondendo i personaggi in carne ed ossa ed i fantasmi, la realtà, il sogno e le proiezioni dell’inconscio. Due cantanti inglesi nella parte delle anime in pena: il tenore inglese Julian Hubbard incarna perfettamente Peter Quint, la sua diversità e la sua spregiudicatezza; analogamente, il soprano Giselle Allen è una Miss Jessel che rivela tutte le sue debolezze di donna romantica. Efficacemente cresce la tensione drammatica come in un thriller psicologico, per il mistero e l’orrore per quanto accaduto nella villa che solo piano piano si inizia a intuire. La musica di Britten gira, scava, penetra a cerchi concentrici, come si sa l’opera è costruita in otto brevi scene collegate da quindici interludi orchestrali, ognuno in una tonalità diversa, concepiti come variazione di un tema esposto dopo il prologo e che tocca tutti e dodici i gradi della scala cromatica. Il direttore d’orchestra inglese Ben Glassberg e l’Orchestra da Camera della Monnaie ben restituiscono tutta la tensione, la raffinatezza e la complessità della matematica trama della partitura, in un’esecuzione rigorosa quanto coinvolgente. Molto brava anche la governante, Mrs. Grose, interpretata dal mezzosoprano Carole Wilson e apprezzabili anche i due giovani, Henri de Beauffort e Katharina Bierweiler, rispettivamente nelle parti di Miles e Flora, il primo selezionato dal Coro dei bambini della Monnaie, che già mostrano buona stoffa come cantanti e capacità interpretative. Una menzione positiva infine anche per i costumi dell’italiana Carla Teti che nella loro rigorosità formale ben contrastano con gli stati d’animo più intimi di terrore incontrollabile suggeriti invece dalla musica.

 

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