I cavalli sono ancora svegli

diario dell'11 luglio

Recensione
jazz
Ludovico Einaudi mi piace perché è schivo e parla poco e sottovoce. Non grida come molti e non dice “Io io” ma parla a voce bassa e ascolta. Ascolta anche durante il nostro concerto in duo con dietro la Torre di San Giovanni alla Caletta di Posada e il mare con le sue luci e i suoi riverberi. Arriva con un pacco di partiture sotto il braccio e poi mi dice “fai quello che vuoi e suona ciò che senti” e io faccio così perché alla Caletta alle dieci di sera con tremila persone e una torre illuminata che fa da scena con un mare dietro non puoi suonare solo le note scritte. Su “Nuvole bianche” è la risacca del mare a fare da protagonista e quando il silenzio s’insinua tra le note del pianoforte e della tromba ti rendi conto di non essere in un teatro normale. Nemmeno quando ci sono quelli che protestano perché non vedono e provi a spiegare loro che non sei in teatro e che devono essere pazienti sperando che tutti si siedano per lasciare spazio al mare e alla musica.
Capita a Posada e capita in tanti altri luoghi di questo folle tour in giro per l’isola di Sardegna dove la scommessa è proprio quella di mettere insieme migliaia di persone per la musica e per i luoghi e non per essere ben vestiti e fare bella figura con quello vicino perché qui in “!50” non ci sono vicini ma solo gente di tutte le età e di tutti i ceti sociali che si ritrovano a respirare musica assieme nel rispetto dei luoghi e di sé stessi. Ludovico lancia un loop con l’iPad dalla sua postazione e questo diviene il leit-motiv del mare che suona con noi. Poi “Due tramonti” e a seguire “Melodia africana”, “La nascita delle cose segrete”, “Fly” e “Zhivago” che chiude il concerto. L’applauso è previsto alla fine di ogni blocco di tre o quattro pezzi ma i suoi fans sono tanti e sono arrivati da presto con i loro zaini, stuoie e plaid per assistere a un concerto che è come un pellegrinaggio per Ludovico e per i cinquanta giorni di questo folle tour. Applaudono alla fine di ogni pezzo e anche tra ai brani. Ogni volta la musica già esile lascia il posto al silenzio delle onde che il pubblico ringrazia perché essere lì è un dono e chi riceve qualcosa in dono ringrazia sempre. Il bis è “Eden Rock” con il suo suono elettrico che spezza la pace di quella sera.

Da Berchidda sono venuti Piero, Raffaele, Mario, Agostino che sono amici cari e ‘sonadores’ nella Banda Musicale. Quella che il 12 giugno ha dato il via al tour di “!50” nella Ex Cooperativa La Berchiddese. Offro loro una “arantzada”di pompìa che è un agrume speciale tra arancia e limone che un gruppo di ragazze mi hanno portato da Siniscola per festeggiare i 50 anni. Mio padre invece viene con Geremia che gestisce da sempre il Tabacchino di Berchidda. Geremia a mio padre gli lascia sempre i giornali quando sa che ci sono io e quando vado a prendere il giornale ci facciamo lunghe chiacchierate.
Alla lista dei ringraziamenti di questa sera aggiungo Tonino che è venuto anche lui da Berchidda, il mio bimbo Andrea e mio padre. Bimbi a confronto: uno di tre anni e mezzo e uno di 86 anni. “Come va zio Lillino?” gli chiese un giorno la cantante Maria Pia De Vito. “Anzianando” rispose lui senza scomporsi. Stasera ritorniamo a dormire a Berchidda che non è lontana. A Tucconi nella nostra casa di campagna i cavalli sono ancora svegli e la luna è grande dietro il monte Limbara. Lola se n’è andata definitivamente ed è apparso, per la felicità di Andrea, un nuovo gattino striato che abbiamo chiamato Mussittu. Nonostante si sia a soli trenta chilometri da Olbia il profumo del mare a Berchidda non arriva perché siamo gente di terra e di collina. Andrea questa mattina ha imparato a nuotare e lo abbiamo scritto nell’agenda di “!50”. Ha appreso da solo nella piscina dell’Hotel Mistral a Oristano sotto gli occhi vigili della madre e quelli miei intimoriti visto che, ora a differenza sua, io non so nuotare. “Di dove siete?” ci ha chiesto un signore che divide la piscina con noi sotto il solleone. “Di Alghero” abbiamo risposto. Perché a Berchidda non si impara a nuotare a tre anni e mezzo.
La risacca ora è un sogno. Tra il pianoforte di Ludovico e una tromba rivolta verso il cielo.

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