Gounod in discoteca!

Provocatorio allestimento del Roméo et Juliette, non tutti apprezzano

Recensione
classica
Gran Teatro La Fenice
19 Febbraio 2009
Sceglie un allestimento efficace e di grande impatto il regista Damiano Michieletto per questo "Roméo et Juliette" veneziano: un grande giradischi con cuffie è il teatro delle note vicende tra Capuleti e Montecchi, tra risse, matrimoni segreti e minacciati, morti vere e apparenti. Una scelta coraggiosa – ma il precedente cinematografico di Baz Luhrmann è abbastanza evidente – e tutto sommato divertente, con le due "bande" abbigliate in foggia emo/punk/tectonique e un gran dispendio di luci e tecnologia. Il piatto del giradischi risulta suggestivo e funzionale ai momenti corali, come la festa iniziale e il matrimonio, mentre le cuffie assolvono all’inquieta "stereofonia" letto/tomba. Prevedibile che il pubblico della prima (che per età media era alle soglie della pensione già alla "vera" epoca punk) non abbia molto apprezzato, riservando applausi tiepidi allo spettacolo e qualche ululato di disapprovazione al team regista/scenografo/costumista. Ululati alla fine ingenerosi e che sarebbero stati meglio indirizzati alla parte musicale di questo "Roméo et Juliette": il direttore Carlo Montanaro affronta la partitura di Gounod – che già di per sé non è un capolavoro – senza farne risaltare finezze e peculiarità, finendo per appiattire la musica su toni di effettistica prevedibilità. Buona, ma non priva di sbavature, la prova dei due protagonisti, in particolare quella di una Giulietta cui Nino Machaidze dona la giusta inquietudine. Sull’opportunità di un allestimento così radicale si può discutere all’infinito: personalmente ci è sembrato che, con qualche caduta di gusto e l’inevitabile effetto grottesco di vedere un presunto capo-gang rasta cantare di allodole e imenei, lo spettacolo sia piacevole. Qualche attenzione in più alla musica non avrebbe guastato.

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