Gatti per Wagner

Santa Cecilia: dal Crepuscolo degli Dei  di Wagner a Vita d’eroe  di Strauss, passando per Brahms e Bruckner

Daniele Gatti
Daniele Gatti
Recensione
classica
Roma, Parco della Musica, Sala S. Cecilia
Götterdämmerung, Ein Heldenleben
29 Maggio 2025 - 31 Maggio 2025

A distanza di quindici giorni Daniele Gatti è tornato due volte (sei contando le repliche) sul podio dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con due programmi strettamente interconnessi che mettevano a confronto i quattro principali compositori (restava escluso Mahler, che però all’epoca era un po’ defilato) che si contesero la scena musicale austro-tedesca nella seconda metà del diciannovesimo secolo, quando Brahms era il solo argine – oltre ad alcuni compositori minori – al dilagare di Wagner e dei wagneriani. Cose note. Ma confrontare questi compositori è sempre interessante e soprattutto è l’occasione di riascoltare alcune composizioni non tutte di frequente esecuzione. 

Il primo concerto era dedicato ai due grandi rivali Brahms (Il canto delle Parche  e il Canto del destino) e Bruckner (la Sinfonia n.9), che vennero ai ferri corti nella Vienna dell’epoca, il secondo a Wagner e a Richard Strauss. Gli estratti sinfonici dei drammi musicali di Wagner un tempo erano un pilastro delle stagioni concertistiche ma ora sono rari. E ancora più rara ne è diventata la rappresentazione integrale in teatro: all’Opera di Roma Il crepuscolo degli dei  manca da quasi mezzo secolo e quindi l’occasione di ascoltarne ora alcuni estratti nell’interpretazione di Gatti è stata particolarmente gradita. Questa suite sinfonica iniziava con Alba e viaggio di Sigfrido sul Reno,  che assembla con un’apposita transizione armonica due diversi momenti del prologo. Impressionante l’interpretazione che ne ha data Gatti: da un pianissimo appena udibile e misterioso emerge l’atmosfera oscura, tragica, minacciosa della notte, che avvolge l’auditorium. Lentamente il cielo si schiarisce e viene dapprima illuminato dalle prime luci dell’aurora, quindi con una progressione dapprima quasi insensibile e poi accelerata fa la sua trionfale apparizione il sole, con un luminoso fortissimo che abbacina gli occhi e le orecchie: perdonate la retorica ma come altrimenti esprimere questo prodigioso esempio di pittura sonora, che supera ogni altro possibile tentativo di rappresentare l’alba? Con la luce del giorno la natura minacciosa diventa amichevole, rasserenante, si odono il fremito delle fronde e il canto degli uccelli e poi s’intravedono il brillio e lo scorrere delle acque del Reno, mentre ai suoni e alle luci della natura si mescolano gli squilli del corno di Siegfried e i Leitmotive a lui collegati, eroismo, amore ma anche presagi funerei. Tutto è reso da Gatti con una chiarezza che elimina le nebbie nibelungiche e permette di non perdere una nota del fitto e complesso tessuto musicale di Wagner, senza che razionalità e autocontrollo vadano a scapito dell’emozione, al contrario.

Senza interruzione Gatti attacca la Marcia funebre di Sigfrido  del terzo atto. Spesso, se ne fa quasi una marcia solenne, non senza che Wagner offra qualche appiglio a quest’interpretazione: pensiamo ai potenti fortissimo di ottoni e timpani. Ma Gatti sceglie un tempo particolarmente lento e fa emergere anche e soprattutto il profondo dolore - un dolore intimo e allo stesso tempo universale - di questo momento che prelude alla fine di un intero mondo. Gatti e l’orchestra fanno meraviglie, con i pianissimo appena udibili eppure ben presenti e i fortissimo che penetrano nel profondo, esattamente al contrario di altri i cui fortissimo rischiano di farti saltare i timpani ma non comunicano nulla.

La seconda parte del concerto era dedicata a Richard Strauss, il compositore postwagneriano di maggior successo, anche perché alla sua epoca da una parte non c’era più Brahms a guidare gli antiwagneriani e dall’altra Bruckner e Mahler gli avevano preparato la strada: il campo avversario era stato ormai sbaragliato. In Vita d’eroe  Strauss in realtà ironizza sulla mitologia eroica wagneriana, trasportando l’eroe nel mondo borghese e facendo di se stesso il protagonista di questo poema sinfonico. Alcuni momenti dal piglio eroico ci sono ma subito Strauss induce a non prenderli troppo sul serio, come quando presenta gli “avversari dell’eroe” non come creature mitiche o draghi ma come critici pigolanti e starnazzanti. E nella sezione intitolata “La compagna dell’eroe” emerge un tema dolce e intimo, con momenti di tenerezza affettuosa e allo stesso tempo scherzosa, degni di una giovanissima coppia di innamorati. Che l’eroe sia Strauss stesso lo esplicano inequivocabilmente “le opere di pace dell’eroe”, quando emergono citazioni di varie sue opere. Ci sono anche momenti che talvolta possono apparire pletorici e superflui ma non se sul podio c’è un direttore come Daniele Gatti, grazie a cui questa musica sciorina senza posa prodigi di melodia, armonia e soprattutto orchestrazione. Strauss stesso ha diretto quattro volte Una vita d’eroe a Santa Cecilia, l’ultima nel 1936: ma non c’è bisogno di invocare misteriosi influssi spirituali (o spiritistici) e il merito è ancora una volta di Gatti, con cui l’orchestra romana dà sempre il meglio di sé, che non è poco. Un elogio particolare a Carlo Maria Parazzoli per il lungo ‘solo’ del violino.

Nella replica del sabato, a cui ci riferiamo, c’erano molti vuoti in sala, probabilmente colpa del lungo ponte e del clima ormai estivo. E forse anche della partita Paris Saint Germain – Inter. Peggio per chi non c’era. In compenso gli applausi sono stati veramente entusiastici.

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