Franco Ambrosetti incontra Uri Caine

Tre generazioni e due background (quello europeo e quello newyorkese) lontani tra loro, per il quartetto di scena lunedì sera a Torino.

Recensione
classica
Jazz Club Torino Torino
Franco Ambrosetti
Tre generazioni e due background (quello europeo e quello newyorkese) lontani tra loro, per il quartetto di scena lunedì sera a Torino. Il luogo è il "Giardino d'inverno" di piazza Valdo Fusi, insolito residuo post-olimpico una volta tanto sottratto all'abbandono. Il Torino Jazz Club, storico luogo d'incontro e promozione del jazz torinese, ospita Franco Ambrosetti e Uri Caine, freschi della loro collaborazione in The Wind (Enja), accompagnati dalla sezione ritmica di Kenny Davis e Ben Perowsky. Un incontro di menti musicali non così prossime (sebbene da Uri Caine ci si possa aspettare di tutto) poteva farci prevedere un concerto-divertissement sulla scia del virtuosismo bop di Ambrosetti, con il proteiforme Caine a dar sfogo al suo lato "leggero". Al contrario il programma, complice il disco in distribuzione, stupisce per la varietà delle ispirazioni e alterna allo "swing" degli standard (esaltanti per la tecnica e la personalità di tutti e quattro i musicisti) momenti più riflessivi tratti dal disco, perfettamente curati dal punto di vista degli arrangiamenti. Il concerto, in un unico set, si apre con la dedica a Michael Brecker di Mike on Wings e con la "ristrutturazione" di Doxy di Sonny Rollins. Seguono l'appropriato omaggio a Chet Baker con una splendida versione di The Wind di Russ Freeman trasformata in una bossa nova, la più classica delle My Funny Valentine (impreziosita da uno strepitoso solo di Davis), le complessità armoniche della spirituale Lyrical Sketches (composta dal figlio di Ambrosetti, Gianluca) e, infine, la divertita chiusura di Cheek to cheek. Le due composizioni di Caine Otello e Stiletto (entrambe nel disco) si impongono per efficacia, grazie alla classe superiore del pianista newyorkese.

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