Formaggio, vernaccia e fenicotteri

Diario del 15 giugno

Recensione
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L’appuntamento è a mezzogiorno in punto in Comune. Baratili San Pietro è a soli dieci chilometri da Oristano e dalla città lo separa una distesa infinita di canneti e di orti. Entrandovi si ha l’impressione di essere in uno di quei villaggi soleggiati e sperduti del Messico ma invece siamo in Sardegna. In una parte della Sardegna poco conosciuta ma bellissima a due passi dalla Penisola del Sinis, dalle rovine romane di Tharros e dalla chiesa di San Giovanni del V secolo e che è una delle chiese più antiche della Sardegna ancora in uso. A due passi anche dal piccolo villaggio di San Salvatore dove si tiene l’emozionante Corsa degli Scalzi e da Cabras che è famosa per la sua bottarga di muggine. Il Sindaco Renzo Murru, gentilissimo, ci attende all’ingresso del Comune e ci accompagna nel suo ufficio dove, di fronte al vigile e a tutte le persone che lavorano in Comune, ci offre due diversi tipi di vernaccia e qualche dolcetto locale. Il programma della giornata contempla la visita mattutina di due cantine e poi un pranzo in un agriturismo ristrutturato con i contributi europei. Nella prima cantina, in pieno centro, ci accoglie Peppino Carta che ha novant’anni ma che sembra non averli. Gli chiedo quale è il segreto della sua giovinezza, mi risponde che ha pasteggiato con vernaccia in tutta la sua vita. Sorride anche il Maestro Giulio Libano che ci accompagna e che ne ha ottantotto portati benissimo. Giulio domani sera dirigerà il Quartetto d’archi Alborada assieme al Quintetto storico nel progetto Crittograph nella peschiera di San Teodoro.
La vernaccia va giù che è una meraviglia ma è solo l’inizio della giornata e abbiamo l’impressione che questa sarà lunga. Meglio trattenersi… Peppino ci spiega tutto della vernaccia. Ci dice che è la sua vita anche se ora “il prodotto non tira e la gente preferisce pasteggiare con il vermentino che è meno forte e meno impegnativo”. Ci dice anche che non ci sono più i bottai in grado di riparare le botti ma che lui si rifiuta di usare quelle nuove in vetroresina perché la stessa vernaccia è diversa da botte a botte proprio per la particolarità del legno e di ciò che il prodotto lascia al suo interno.
Andiamo via con un regalo a dir poco straordinario. Due bottiglie di vernaccia del 1950 in perfetto stato. “Le apra con attenzione che il tappo di sughero sennò di sbriciola” mi dice e promette che per il concerto serale con Gianmaria Testa mi farà trovare un’altra bottiglia del ’50 aperta da lui stesso. Andiamo poi a visitare un’altra cantina. E’ quella del signor Massimino Perra che è anche un allevatore di cavalli anglo-arabo-sardi che corre a Chilivani. Anche lui ci offre più di una vernaccia, ci fa vedere la sua cantina ristrutturata con i fondi dell’Unione Europea e le foto dei suoi cavalli in gara. Un fantino si chiama Fresu come me ma è di Ozieri. C’è anche un suo cavallo al Palio di Siena montato da un fantino sardo di cui ora non ricordo il nome e lui ne è giustamente orgoglioso.
Proviamo a capire assieme perché la vernaccia non si vende e diamo la colpa alla cattiva volontà politica e al fatto che i sardi siamo sempre poco propensi a fare sistema. “Pocos, locos y mal unidos” come dicevano gli spagnoli. “Chentu concas e chentu berrittas”, come diciamo noi: cento teste per cento cappelli. Intorno alle 14 ci sediamo per pranzo nell’altro agriturismo restaurato anch’esso con i soldi dell’Unione Europea. Il Sindaco Murru ne va fiero e ha ragione perché questi tre luoghi sono tenuti dai proprietari come dei gioielli e sono un buon esempio di turismo contemporaneo e intelligente in grado di raccontare la vitalità del territorio. Questa era una vecchia casa patrizia con il classico patio campidanese e con una infinita serie di stanze grandi e piccole piene di mobili antichi e di foto d’epoca con donne e uomini in costume.
Il pranzo dura fino alle 17. Ci alziamo stremati ma felici. Orziadas (gli anemoni di mare fritti), piccoli pesci fritti, gamberi, cozze, vongole, carciofini sott’olio, salsicce… pasteggiamo naturalmente con vernaccia. Passiamo poi al vino bianco quando arriva la pasta con le vongole. Chiara la proprietaria che è la moglie del vice Sindaco porta tre ciottole di bottarga fresca appena grattugiata. Saranno 500 Euro di roba, da spruzzare sulla pasta. Poi arrivano le orate alla griglia intorno alle 15.30 e non si può dire di no. Alle 16 il formaggio del pastore del paese, di due tipi diversi tra morbido e stagionato e poi delle fragole grandi quanto il pugno di una mano e di un sapore mai sentito prima. “Sono le nostre” mi dice Marcellino Fanari che è il marito di Chiara e anche il Vice Sindaco “e non hanno mai visto una medicina”. Verso le 17 Chiara ci chiede se per caso non gradiamo una sebadas ma rispondiamo che dobbiamo alzarci per andare a fare le prove del suono ma non prima di un filuferru e di un mirto ghiacciato. Io vado via con le due bottiglie del 1950 e con mezzolitro di filuferru ma avevo già preparato due bottiglie di nuragus della nostra vigna di Tucconi che avevamo già bevuto la sera a prima a Nuoro e che Gianmaria Testa, appena arrivato per un caffè, ha molto apprezzato.
Il concerto oggi è alle 19.30 e Luca Nieddu ha voluto il palco proprio dietro un fiume in una zona che si chiama Mar’e Foghe a due passi dal paese. La gente inizia ad arrivare intorno alle 19 ed io raggiungo poco lontano Guido che mi traghetterà con una barca a remi proprio dietro il palco. E’ una sorpresa per il pubblico ma non per i nostri operatori e per i fotografi che documentano tutto. Gianmaria inizia con dieci minuti di ritardo e al secondo brano io inizio a suonare il flicorno dalla barca che arriva fluttuando su un’acqua infestata dai giacinti che disegnano un tappeto verde. La gente si accalca sulla riva incredula e mi accolgono con un lungo applauso. Suoniamo i brani di Gianmaria che recita anche “Valore” di Erri De Luca e un altro testo sull’immigrazione. Il concerto si chiude con “Il Disertore” di Boris Vian ma non prima di avere regalato una inedita versione di “Ninna Nanna Pitzinnu” del poeta desulese Montanaru. L’ho insegnata qualche giorno fa a Gianmaria a Ludwisburg in Germania e lui è stato bravissimo. L’abbiamo eseguita anche ieri a Nuoro visto che il concerto su Lèo Ferrè era inserito in seno al festival “Etnu” organizzato dall’Istituto Superiore Etnografico della Sardegna per il quale in passato avevo fatto Ethnografie e dove avevo eseguito proprio la Ninna Nanna. Il concerto di Nuoro, in un cortile bellissimo giusto a fianco della casa di Grazia Deledda e che neanche i nuoresi conoscevano, è stato bellissimo e intenso.
La gente è visibilmente emozionata. Dalla ninna nanna, dalla musica e dai colori del tramonto di un sole che scompare dietro Mar’e Foghe mentre una luna appare sulla sinistra del pubblico e uno stormo di fenicotteri la saluta levando in volo dietro di noi quasi a volere inseguire la scia di un aereo che passa silenzioso. Apriamo la malvasia di Ziu Peppinu Carta e brindiamo ai 50! Il primo bis è “Hotel Supramonte” di Fabrizio De Andrè. Mi alzo con Gianmaria perché deve essere così e si alzano anche molti del pubblico. Dobbiamo chiudere perché l’energia accumulata sta finendo ma Gianmaria decide di regalare ancora un brano al pubblico che ormai circonda il nostro palco tra acqua, giacinti, fenicotteri, sole, luna e gente. Ci aspetta una cena a Sa Pramma fino alle 2 del mattino. Stavolta menù a base di carne.

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