Fidelio a due facce

Per l'apertura di stagione del San Carlo, Lanza Tomasi ha portato avanti quella che è la "sua" linea privilegiata ormai da tempo: valorizzare il teatro musicale coivolgendo artisti e/o di registi di grande fama. Stavolta si è puntato sulla coppia "napoletana" formata da Toni Servillo e Mimmo Paladino, che già in passato avevano lavorato insieme, e lo spettacolo ancora una volta ha assunto i connotati maggiormente memorabili proprio nella parte visiva.

Recensione
classica
Teatro di San Carlo Napoli
Ludwig van Beethoven
04 Dicembre 2005
"Fidelio" rappresenta una scelta decisamente fuori della tradizione per il San Carlo dove l'unicum beethoveniano è apparso pochissime volte ( l'ultima quasi trent'anni fa ). Per l'apertura inusuale di una stagione a sua volta alquanto inusuale, Lanza Tomasi ha portato avanti quella che è la "sua" linea privilegiata ormai da tempo: valorizzare il teatro musicale grazie al coinvolgimento di artisti e/o di registi di grande fama. Stavolta si è puntato sulla coppia "napoletana" formata da Toni Servillo e Mimmo Paladino, che già in passato avevano lavorato insieme, e lo spettacolo ancora una volta ha assunto i connotati maggiormente memorabili proprio nella parte visiva. Le scene immaginate da Paladino disegnano vasti spazi semicircolari attraverso alte pareti concentriche nelle quali si collocano pochi oggetti monumentali : nel buio primo atto la gigantesca sagoma di un volto reclinato, ritagliata in una lamiera rugginosa; una scala senza fine illuminata da luce radente e, accanto, un'enorme campana; nel secondo atto le tenebre sono squarciate da una luce abbagliante nella quale campeggia un colossale poliedro stellare sospeso. Spazi infiniti, segni monumentali sovrastano i personaggi e traducono vividamente la forza soverchiante che i grandi ideali hanno sulle psicologie individuali nella drammaturgia del "Fidelio". La regia di Servillo è accorta nell'evitare ogni forzatura: la spazialità espansa di Paladino risulta accentuata dal distanziamento delle figure sul palcoscenico, mentre una gestualità asciutta, ma naturalissima, caratterizza la recitazione dei cantanti. Questi ultimi sostengono il loro ruolo con bravura, a cominciare dalla Charbonnet che compensa con l'esperienza le difficoltà di una parte che non le è particolarmente congeniale né per la tessitura né per il tipo di vocalità. L'orchestra e il coro fanno del loro meglio ma il giovane Tomas Netopil - chiamato a sostituire il compianto Gary Bertini - purtroppo non si dimostra all'altezza della situazione: scolastica, sbrigativa e spesso persino confusionaria, la sua direzione è la vera nota dolente di questo spettacolo. Il pubblico comunque alla fine applaude festosamente anche lui.

Interpreti: Florestan - Jon Villars; Leonore - Jeanne-Michèle Charbonnet; Don Fernando - Andreas Macco; Don Pizarro - Eike Wilm Schulte; Marzelline - Anna Skibinsky; Jaquino - Michael Spyres; Rocco - Stephen Milling

Regia: Toni Servillo

Scene: Mimmo Paladino; Impianto scenico: Daniele Spisa

Costumi: Ortensia De Francesco

Direttore: Tomas Netopil

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