Esotismo fiorentino tra commedia e tragedia

Un buon accostamento di tioli, giustamente contrastato. Regie di taglio molto diverso fra loro, ma di buona riuscita complessiva. Discreta direzione, buone compagnie di canto e un mattatore a completare la godibile serata.

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Alexander von Zemlinsky
11 Febbraio 2004
Due spettacoli molto diversi, per testo musicale e spirito dell'allestimento, che tuttavia si rivelano capaci di offrire il giusto contrasto e le necessarie affinità sotterranee. Composti a poco meno di tre anni di distanza (1914-5 "Eine Florentinische Tragödie", 1917-8 "Gianni Schicchi") i due atti unici offrono il medesimo sfondo ispirato da antiche suggestioni letterarie: quella Firenze sanguigna e argutamente borghese che una lunga tradizione poetica e novellistica aveva tanto caratterizzato da farle acquisire il profumo dell'esotismo all'olfatto della modernità. Tragedia dell'amore ferito, non dal tradimento ma dalla quotidianità, la prima; farsa della cupidigia e dell'astuzia, con spunti anche dalla commedia dell'arte, la seconda. L'opera di Zemlinsky-Wilde è presentata in un allestimento prodotto dalla Komische Oper di Berlino nel 1992, inconfondibilmente tedesco nella libera concettosità d'approccio; la scena è composta da un enorme muro di casse di cartone "praticabili", a rappresentare l'attaccamento al possesso e alla conservazione del mercante Simone. Davanti, intorno e sopra queste casse si muoveranno i tre protagonisti in abiti moderni (Bianca da casalinga, Guido da uomo di mondo, Simone da piazzista). I movimenti finiscono per essere un po' scontati, fino al prevedibile crollo finale della parete, e non sempre le luci soccorrono con delicatezza a questa fissità. Robert Brubaker è un Simone imponente per fisico e voce, anche se talvolta non sembra volersi chinare a raccogliere le tante raffinatezze di cui è intessuta la partitura; più fragili ma sempre all'altezza Nadja Michael e James Johnson. Ambientazione inizio secolo invece per il "Gianni Schicchi", con la sua camera da letto in stile neogotico e il grande fondale su una Firenze soleggiata e quasi favolistica. Qui i movimenti sono quelli della farsa, con accenni alla Peppino De Filippo. Ma in questo caso, a scombinare le carte c'è un mattatore in scena: Leo Nucci, sempre illuminato da un seguipersone, tratteggia in autonomia il suo personaggio, riempiendolo di piccole gag (fischi, passetti, smorfie) ma dandogli infine un consistente spessore comico; vocalmente è sempre in forma, ma anche abile a mascherare le (poche) stanchezze. Inva Mula non ha un timbro di voce particolarmente bello, ma canta con stile ed educazione, e ottiene il dovuto effetto nella sua dolce, meravigliosa aria. Giuseppe Filianoti, ormai tenor giovane fisso alla Scala, ha una voce esile ma sicura, e il suo Rinuccio ingenuo e saputello lascia che lo spettatore si rilassi e diverta. Tutti bravi gli altri parenti. Conlon non ha il respiro del grande direttore pucciniano, ma conduce i due spettacoli con mano sicura; l'orchestra talvolta si lascia andare un po' troppo, e non sempre mostra la consueta precisione. Anche dal punto di vista musicale, tuttavia, la serata si rivela godibilissima. Nota a margine: per tutto lo spettacolo una forte, diffusa sensazione di amplificazione; scherzi dell'acustica o inveterato vizietto?

Interpreti: Eine florentinische Tragödie: Robert Brubaker, Nadja Michael, James Johnson. Gianni Schicchi: Interpreti: Leo Nucci, Inva Mula, Giuseppe Filianoti, Cinzia De Mola, Sergio Bertocchi, Daria Masiero, Nicolò Suppa, Filippo Morace, Cesare Lana, Fabio Capitanucci, Tiziana Tramonti, Matteo Peirone, Angelo Romero, Nicola Pamio, Elia Fabbian.

Regia: Andreas Homoki (Eine florentinische Tragödie); Lluis Pasqual (Gianni Schicchi)

Scene: Wolfgang Gussmann (Eine florentinische Tragödie); Ezio Frigerio (Gianni Schicchi)

Costumi: Wolfgang Gussmann (Eine florentinische Tragödie); Franca Squarciapino (Gianni Schicchi)

Orchestra: Orchestra del Teatro alla Scala

Direttore: James Conlon

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