Eliogabalo a Parigi
L'opera di Cavalli delude a Palais Garnier
Unico interesse dello spettacolo non sono i costumi scontati di Gareth Pugh, stilista delle dive pop, bensì i giochi di luce discotecari di Antoine Travert, istallazioni che però sembrano estranee alla drammaturgia eccetto due casi: quando si volgono alla sala e quando disegnano spazi mentali a fasce parallele, sorta di gabbia che ospita la scena della congiura e i dubbi scespiriani del fido Alessandro – e qui, finalmente, il libretto prende il volo. Franco Fagioli è fuori parte: il Seicento non si addice a chi non è attore vocale, inoltre per l’eccentrico Eliogabalo ci vorrebbe un animale da palcoscenico; a suo agio nelle arie languide, la voce del controtenore argentino si perde nell’ampia sala. Discreti Paul Groves (Alessandro), Elin Rombo (Eritrea) e Mariana Flores (Atilia), mentre Nadine Sierra (Gemmira), dal timbro vellutato, non fa mai capire una sillaba del testo. Zotico e Lenia, diabolica coppia di intriganti talvolta colti da scrupoli, non trovano in Matthew Newlin e Emiliano Gonzalez Toro rilievo adeguato. Scott Conner è un azzeccato Nerbulone, poco tonante come Tiferne, gladiatore bestiale. Improponibile l’esile controtenore Valer Sabadus (Giuliano).
Eliogabalo https://www.operadeparis.fr/magazine/eliogabalo
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