Di padre in figlio

Dialogo teatrale con 9 canti, Banjaminovo, su un debole testo di Franco Marcoaldi, convince la musica di Vacchi, ben diretta da Fabio Maestri alla testa di un quintetto d'archi del S. Carlo di Napoli.

Recensione
classica
Teatro Argentina Roma
Fabio Vacchi
31 Maggio 2004
Spettacolo teatrale con nove canti, Benjaminovo si basa su un testo di Franco Marcoaldi: un dialogo tra padre e figlio che, come sempre, si svolge a distanza, stavolta resa incolmabile dalla morte. La struttura contrappone in versi le due voci, quella del padre, un ufficiale che l'8 settembre del '43 decide di non abbandonare i suoi soldati e con loro è internato nel campo di Benjaminovo, e quella del figlio che alla prigionia, all'abbrutimento, alle torture, alla metodicità dello sterminio, aggiunge la dimensione temporale del poi, rivivendo emotivamente il suo scontro generazionale. In questo confronto, padre e figlio sono due coetanei, due giovani alle prese con il loro oggi, quello storico e quello esistenziale. La parte a tinte forti della storia Marcoaldi l'ha desunta da un quaderno-diario che suo padre ha realmente lasciato al fratello maggiore. Le risposte esistenziali del figlio, più deboli, tendono a una tardiva riconciliazione, di cui preclaro esempio sarebbe il tagliarsi i capelli molto corti, lui che lunghi li teneva. Il tutto qui è tradotto nel sentimentalismo che nessuno ha il coraggio di disconoscere a Marcoaldi alla ricerca, pare, d'una buona coscienza. Infatti, alla liberazione del campo di concentramento, raccontata con epifania d'autoblindo britannica, un prigioniero italiano sguaina dalla fodera del pastrano la bandiera del reggimento e grida "Viva l'Italia perché è casa mia!". Questo right or wrong is my country condito con la pommarola del dialetto napoletano lascia perplessi. Su questo dialogo nella distanza della morte Toni Servillo costruisce una regia immobile, giocata su lui nella parte del padre che da un lato siede di profilo allo scrittoio e su Marcoaldi, seduto fronte pubblico, che legge la lettera, entrambi a testa china sullo scritto. Siamo vicini al grado zero della drammaturgia, ma non si negano momenti di suggestione. Sopratutto quando la musa, la musica di Fabio Vacchi, giunge a far volare le parole del padre aviatore ripetute dopo la recitazione-lettura di Servillo nei 9 lieder, come li definisce il compositore. L'abilità di Vacchi e dell'interprete, il mezzosoprano Patrizia Porzio che appare da squarci che s'illuminano su fondo del palcoscenico, sta nel rendere liriche queste parti, senza mai indulgere nel melò che pervade il testo. In definitiva Benjaminovo è da inserirsi nel genere pièce à sauvetage: ma la salvatrice per una volta è la tanto vituperata musica contemporanea.

Interpreti: Patrizia Porzio

Regia: Toni Servillo

Orchestra: Ensemble da camera formato da musicisti del Teatro San Carlo

Direttore: Fabio Maestri

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