Dadaisti sotto le bombe

La storia di Kurt Schwitters, fondatore del dadaismo insieme a Duchamp ed Ernst, scampato a Londra per fuggire il nazismo, re-immaginata da Hastings e Nyman con una drammaturgia originale e vivo senso del teatro. Ottima prova di tutti gli interpreti, per un nuovo allestimento imaginifico ed efficace. Prima italiana.

Recensione
classica
Piccolo Regio Puccini Torino
Michael Nyman
13 Gennaio 2006
Richiede allo spettatore un certo impegno, questa "Man and Boy: Dada" di Michael Nyman, andata in scena in prima italiana al Piccolo Regio Puccini per la stagione Laboratorio, in un nuovo allestimento in collaborazione con l'Unione Musicale. In particolare per la difficoltà di cogliere al primo ascolto il sardonico passo di un libretto fluviale e martellante, e tuttavia permeato di malinconia a tratti struggente. Non c'è nulla qui che ricordi una successione causale di eventi: la "storia" emerge come un senso complessivo, solo di tanto in tanto e soprattutto alla fine. Ma il pubblico ha seguito con concentrazione la vicenda di Kurt Schwitters, dadaista scampato a Londra durante la guerra, e della sua stramba, accorata amicizia con il bambino Michael e con la mamma di lui, tributando a tutti gli interpreti (a partire dall'affiatato terzetto vocale) un caldissimo successo. Prima delle tre opere da camera frutto della collaborazione tra Nyman e Michael Hastings, "Man and Boy" musicalmente è un organismo compatto dove le linee vocali, sempre in primo piano, disegnano con maestria i personaggi senza abbandonarsi a effusioni liriche: l'orchestra segue, contrappunta, commenta, via via allontanandosi, con acuto senso del teatro, dal minimalismo iniziale. Da segnalare l'ottima prova del neonato Ensemble Laboratorio, che riunisce giovani e validi musicisti torinesi sotto la guida sempre puntuale di Carlo Pavese. Lo spettacolo, molto bello ed efficace, è firmato dal regista polacco Michal Znaniecki: dalla Londra bidimensionale del primo atto, muro di macerie dove non c'è più nulla di intero, ma solo rifiuti, resti, reliquie (rottami di persone, brandelli di parole), si aprono squarci sull'onirico, sul profondo, a segnare una progressiva discesa nell'abisso fino al colpo di scena dell'enigmatico, angoscioso finale.

Note: prima rappresentazione italiana

Interpreti: Nadia Kuprina, soprano; Alena Dantcheva, mezzosoprano; Corrado Margutti, tenore; Sabrina Carraro, Eleonora Gravagnola, Patrizia Renzi, Carlo Saccomando: mimi; Laboratorio Ensemble: Ezio Rizzon, oboe; Michele Marelli, clarinetti; Valerio Signetto, sax contralto; Diego Chenna, fagotto; Piergiorgio Rosso, violino; Umberto Fantini, violino; Francesca Gosio, violoncello; Davide Botto, contrabbasso; Antonio Valentino, pianoforte e tastiere; Edoardo Giachino, percussioni

Regia: Michal Znaniecki

Scene: Michal Znaniecki; luci: Mario Merlino

Costumi: Michal Znaniecki

Orchestra: Laboratorio Ensemble

Direttore: Carlo Pavese

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